A Rocch: un romanzo internazionale in quattro battute

A Rocch di Mauro Pecchenino

È un susseguirsi di battute in levare, quelle di Pete e Melod. Una sequenza ritmica che sconfessa la prima impressione. Le legature si inseguono ma ciò che determina l’andamento non è l’impulso di Pete – l’apparente gestore della melodia ricercata – ma l’accoglimento ritmico, totalmente femmineo, dell’accompagnamento di Melod che si fa, alla fine fraseggio. La sonorità complessiva è il frutto di una inversione dei ruoli musicali, come nel jazz ove i movimenti deboli assurgono a caratterizzanti del pezzo. Un po’ come accade nella vita, in cui, spesso, sono le non scelte a determinare gli eventi, il senso di marcia e, in finale, l’opzione definitiva. Un po’ come una scelta di vita che affida all’altro da sé, al tocco lieve dello scambio effimero, il divenire, fino al gesto ultimo, se e quando si raggiunge una consapevolezza. Che si può anche giudicare come insopportabile.

Nello spazio/tempo descritto da Pecchenino per questa non-coppia contemporanea, quella dimensione esclusiva ed effimera rappresentata dal loro incontro, tutto è gestito da lei e in controbattuta da lui.

A Rocch di Mauro Pecchenino. Il Mio Libro – Gruppo GEDI Spa – 2019 – Roma

A nulla vale il susseguirsi e l’inseguirsi, in una giravolta multisensoriale di un mondo che è diventato, allo stesso tempo, piccolo e infinito, apparentemente disponibile e irraggiungibile, inafferrabile. Forse addirittura non conoscibile, pur avendolo totalmente a disposizione. Sembra che il destino, come spesso capita quando la vita non si agisce, ma ci si fa agire dal suo ritmo, rappresenti come un buco nero supermassiccio: un centro d’attrazione al quale non ci si può opporre.

I Sapori, i colori, i profumi e i linguaggi si inseguono e si intersecano dietro ad ogni angolo di un pianeta che la nostra generazione ha nella sua disponibilità come quelle precedenti avevano solo dei loro piccoli borghi o quartieri. Nelle infinite giravolte, inseguendo impegni di vita che sembrano più una scusa per non scegliere di vivere, Pete e Melod sembrano rimbalzare al primo semplice contatto, come a rifiutare ciò che potrebbe consentire loro di entrare nel loro profondo. Come se il loro personale senso dell’essere sia, in estrema sintesi, ricostruibile più nel susseguirsi di accadimenti che non nell’accadere di cose. La loro essenza sembra condensarsi, paradossalmente, nella rincorsa sensoriale e nella incomprensibilità del senso.

Melod è una ragazza di oggi, una donna che ha potenzialmente tutto il mondo a disposizione, ma surfa sull’esistenza evitando di penetrarla, di farla propria. Un surfare che potrebbe essere percepito come scelto per comprendere la qualità delle cose e il senso della vita e che invece porta, inevitabilmente, a negare le possibilità che la vita ci dona di comprendere se stessa. Come vite ossimoriche che hanno a disposizione tutto e non comprendono il senso dei sensi, quello dell’amore.

È nel piano sequenza delle micro scelte del fare che si compone il multicolorato filo del romanzo, un filo che connette luoghi, paesaggi, sapori e incontri. Qui Pecchenino si fa abile filatore, facendoci comprendere che quei luoghi, quei sapori, quei colori sono già passati per i suoi sensi, elaborati sottoforma di esperienze che sono ri-donate a quelle del lettore. Un po’ come ci consegna spesso la vita: comprenderne il senso attraverso i vuoti lasciati dalle esperienze che avrebbero potuto e che non sono state.

Pete e Melod, il romanzo che ci riconsegna un Pecchenino scrittore, ricerca una sorta di “rilassamento non rassicurante”, ove il ritardo della apparente linea melodica di Pete viene egemonizzato dal ritmo portante di Melod. Un romanzo che è consigliabile leggere in cuffia.

A Rocch di Mauro Pecchenino, Edizioni Gruppo Editoriale Gedi. 6,50 Euro

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