Film di Francesco Miccichè. Con Vincenzo Salemme, Diego Abatantuono, Dino Abbrescia, Rosita Celentano, Elda Alvigini Italia 2019
Gaetano De Rosa (Salemme), sindaco cinquestelle di Gaeta, separato dalla moglie Mia (Alvigini), scopre, allarmato, dalle pubblicazioni che la figlia ventenne Ilenia (Grace Ambrose), fashion blogger che vive a Roma con la madre, sta per sposare il coetaneo Riccardo (Lorenzo Zurzolo), milanese con ambizioni musicali. Anche il padre del ragazzo, l’imprenditore Diego Loperfido (Abatantuono), quando la figlia Claudia (Valeria Bilello) gli dà la notizia, si preoccupa parecchio: lui – anche se il maschio è preso dalla musica, mentre la sorella lavora duramente in azienda – da bravo maschilista ha deciso che Riccardo gli succederà alla guida della fabbrica e un matrimonio prematuro non rientra in questo quadro; anche la moglie Amelia (Celentano), piena di prestigiosi cognomi, è contrariata da queste nozze “miste”.
I Loperfido arrivano a Gaeta insieme ai due amici di Riccardo, Matteo (Federico Riccardo Rossi) e Francesco (Francesco Buttironi), preceduti da Mia, Ilenia e le sue due amiche Carolina (Carolina Rey) e Ilaria (Irene De Matteis) e al primo incontro i due padri si ricordano di aver già avuto un aspro diverbio un anno prima (inoltre, l’intransigente Gaetano ha bloccato il progetto della costruzione di un faraonico albergo, per il quale Diego aveva ottenuto l’autorizzazione dalla precedente giunta).
Da quel momento i due padri decidono, ciascuno per proprio conto, di far saltare il matrimonio: Gaetano incarica prima l’ispettore della Asl (Fabrizio Nardi) di far chiudere l’albergo dove dovrà aver luogo la cerimonia ma invano e, poi, convince Primo (Lorenzo Sarcinelli), suo assistente ed ex-fidanzato di Ilenia, di sedurla, mentre Diego si offre di pagare i debiti di Tito (Abbrescia) in cambio dell’organizzazione di un addio al celibato con escort. I maneggi dei due, dopo vari equivoci, vanno a buon fine, complici involontari il Comandante dei Carabineri (Sergio Friscia), il proprietario del trenino del Luna Park (Pasquale Palma) e la nevroticissima wedding-planner Michela (Susy Laude) ma può non trionfare l’amore?
Due giovani si amano e decidono di sposarsi ma le famiglie si oppongono ma, quando non finisce tragicamente (vedi Giulietta e Romeo), potranno coronare il loro sogno. Questa – per dirla con Borges (Storia universale dell’infamia) è la “storia particolareggiata e totale” di buona parte delle commedie da Aristofane a Plauto, passando per Molière, Shakespeare appunto, Goldoni, Donizetti, Rossini per poi arrivare al cinema: come non ricordare I prepotenti con Taranto e Fabrizi, Padri e figli di Monicelli, Amore e chiacchere di Blasetti, fino ai vari Matrimoni a.. del penultimo Boldi. L’ispirazione (o, meglio, l’aspirazione) di Compromessi sposi viene da Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi e I Tartassati ma non ne sfiora nemmeno il livello. Siamo, se mai, ad un Boldi più patinato ma non necessariamente più divertente. I film di Totò e Fabrizi raccontavano un Italia reale, un mondo nella cui necessaria deformazione comica ci si riconosceva. A Miccichè, dopo i non certo smaglianti successi Loro chi? e Ricchi di fantasia, viene affidata un ulteriore commedia (?) e lui lascia che Salemme e, soprattutto, Abatantuono inanellino i loro ripetitivi tic recitativi, mettendosi al servizio di una sceneggiatura pedissequa e a patchwork (c’è perfino un finale appoggiato mollemente e improvvidamente su Mamma Mia!). Gli incassi – ma ormai a chi decide nel nostro cinema il dettaglio non sembra interessare – sono nella modesta media di tante (troppe) commedie messe su tanto per fare. Unica nota positiva le belle prove della Alvigini e della Laude, caratteriste di razza.
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