A soli due anni dal settecentesimo anniversario della morte di Dante, una recente scoperta potrebbe sconvolgere l’immagine che conosciamo del poeta fiorentino.
Da uno stacco di affresco del XIV secolo emerge un inedito ritratto di Dante da giovane, che si presenta con tratti più dolci, viso sfilato e grandi occhi riflessivi. Ciò che ad oggi conosciamo della fisionomia di Dante ci giunge da ritratti più psicologici che reali.
Attribuito lo scorso anno al giottesco Puccio Capanna dall’esperto Andrea De Liberis, che segnalava si trattasse «di un’opera coeva alla vita dell’artista, eseguita a mo’ di affresco, e riportato con tecnica dello stacco su tavola parchettata», il ritratto è stato recentemente oggetto di ulteriori perizie e studi.
«Alcuni anni fa una discendente francese dei Merovingi lasciò una cospicua eredità al suo maggiordomo egiziano, tra i tanti beni ereditati vi era una tavola risalente al 1470 su cui era stato incollato un affresco del Trecento raffigurante un bel giovane abbigliato come Dante Alighieri nelle raffigurazioni apparse in tutte le epoche, sino ai giorni nostri», raccontano i proprietari di un’opera che rischia di aprire uno squarcio sulla storia della iconografia dantesca. D’ora in avanti dinanzi alle tradizionali rappresentazioni del Sommo poeta potremmo immaginare un giovane Dante più bello e dai tratti più dolci.
Il primo ritratto pittorico noto è quello del Palazzo del Bargello a Firenze, di scuola giottesca (datato 1330-1337 ca). Se fosse opera di Giotto in persona (che lo vide personalmente), potrebbe avvicinarsi al volto originale, ma di questo non vi è certezza.
Primo di tutti a fornire lo stereotipo per l’iconografia dantesca fu Boccaccio: egli non lo aveva mai visto dal vero, aveva domandato come fosse fisicamente a coloro che dicevano di averlo incontrato. Nel «Trattatello in laude di Dante» del 1362, così lo descrive: Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccoli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato (…) e sempre nella faccia malinconico e pensoso.
I successivi ritratti pittorici sono in gran parte stati influenzati da questa descrizione, spesso esagerando nei particolari fino a rendere il volto del Poeta quasi caricaturale: basti pensare al noto ritratto di Botticelli del 1495, dagli arcigni tratti pronunciati, oppure a quello di Gustave Doré del 1860 che mostra un Dante imbronciato, corrugato e severo.
L’antropologo Fabio Frassetto dell’Università di Bologna in occasione del sesto centenario della morte del poeta (1921), effettuò dei rilievi sulle ossa del Poeta, e dal calco del calvario (la mandibola è andata perduta) ricostruì il cranio sulla base di misurazioni. Sovrapponendo il cranio ai vari ritratti del poeta, Frassetto notava che non corrispondevano, ad eccezione di quello di scuola giottesca nel Bargello, cronologicamente precedente al testo di Boccaccio. Qualche anno fa (2006) il Laboratorio di realtà virtuale guidato dal prof. Gruppioni della Facoltà di ingegneria dell’Università di Bologna, nella sede di Forlì, ha realizzato, a partire dagli studi di Frassetto, un modello completo del cranio di Dante, utilizzato poi dal paleoantropologo esperto in ricostruzione facciale dell’Università di Pisa Francesco Mallegni per realizzare un probabile volto di Dante. Nacque così il nuovo volto, presentato in un convegno a Ravenna.
La sorpresa non è stata poca: ne è risultato un viso diverso da quello dei ritratti usuali. Il mento risultava molto meno sporgente rispetto ai ritratti più diffusi, ed il famoso naso aquilino in realtà sarebbe stato un setto deviato.
È attendibile questa ricostruzione? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe riaprire la tomba, per poter datare i resti di Dante (spariti nel 1509, casualmente ritrovati soltanto nel 1865, durante i lavori di restauro del vecchio sepolcro): se fossero trecenteschi, Dante somiglierebbe al ritratto giovanile, nell’età all’incirca dei trent’anni.
Esiste tuttavia un altro ritratto che lo riproduce giovane e bello: una tavola del 1470, proveniente dallo stacco di un affresco del Trecento, passata nel corso dei secoli nelle mani di numerosi nobili e collezionisti, finalmente giunta a noi per rivelare la sua identità. Attribuita al giottesco Puccio Capanna, la tavola e mostra un Dante giovane e bello, “dai tratti dolci e dalle sembianze aristocratiche, con un viso sfilato dai grandi occhi riflessivi”, come affermato da De Liberis in seno alla recente perizia da lui eseguita.
La data del 1309 si sposa bene con quella coeva del viaggio parigino di cui parlano Giovanni Villani e Boccaccio: se n’andò a Parigi; e quivi tutto si diede allo studio e della filosofia e della teologia. Dopo la caduta delle aspettative riguardo a Firenze, infatti, e prima del sorgere delle nuove speranze legate a Enrico VII Dante soggiornò a Parigi e frequentò l’ambiente universitario di cui resta traccia nella menzione del “Vico de li Strami” (cioè rue de la Fouarre, dove si esercitava l’insegnamento delle Arti). Ma si può ipotizzare che in realtà, come altri fuorusciti, abbia trovato riparo ad Avignone.
La professoressa Nadia Scardeoni, esperta di restauro virtuale, ha studiato approfonditamente l’iconografia dantesca ed ha analizzato la tavola di Puccio Capanna attraverso la sua Metodologia di Restauro Virtuale sulle immagini digitali ad alta risoluzione. Riguardo il ritratto giovanile, sostiene: «Sappiamo ormai tutti che per secoli si è utilizzata una iconografia non reale ed anche gli ultimi studi antropologici riportano un Dante Alighieri in una età molto matura per l’epoca, ma il Dante giovane che traspare dal volto elaborato dall’Università di Bologna, e quello dai tratti gentili del Bargello riportano ad un Dante dagli occhi grandi e molto somigliante al giovane in abbigliamento tipico dello stacco. Non rimane che indagare, ricercare, ripercorrendo la vita di Dante, la sua storia nel periodo storico. Dopo tanti secoli, significa riabilitare il volto di Dante da uno stereotipo, da una maschera senza anima a quello che probabilmente era un bel giovane di grande intelligenza».
Al momento è chiara l’esistenza di una somiglianza tra il ritratto del giovane Dante della tavola trecentesca e quello ricostruito dall’università di Bologna. Qualora il ritratto giovanile cambiasse la storia dell’immagine di Dante Alighieri, il suo valore storico, storico-artistico e anche di mercato sarebbe inestimabile per la sua unicità.
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