CinemaDue chiacchiere con Edoardo Stoppacciaro, doppiatore di Game of Thrones

Due chiacchiere con Edoardo Stoppacciaro, doppiatore di Game of Thrones

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Possedere un talento è già una grande fortuna, quando poi i talenti si triplicano possiamo dire di essere davanti ad un artista raro da cui non si può far altro che imparare. Questo è il caso del doppiatore, attore e scrittore, Edoardo Stoppacciaro, noto per aver prestato la sua voce, tra gli innumerevoli lavori, a Robb Stark in Game of Thrones.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo, insieme alla splendida moglie e collega Sara Ferranti, in occasione del Civita Cinema di Bagnoregio, un’edizione questa del 2019 davvero ricca di ospiti molto interessanti.

Edoardo Stoppacciaro
Intervista a Edoardo Stoppacciaro. Photo credit: Valeria Del Frate

Oltre alla grande disponibilità e gentilezza, nel nostro intervistato sono chiare le sue grandi passioni che lo hanno portato a costruire una carriera importante e molto variegata. Nome famoso tra i doppiatori italiani, Stoppacciaro può vantare un curriculum davvero ricco, la sua voce infatti è stata impressa su pellicole come: Hancock, Sherlock Holmes, The Nice Guys, Warcraft – L’inizio, Lo Hobbit, X –Men, Alice in Wonderland, i più recenti Bohemian Rhapsody, Rocketman, Aladdin e Van Gogh; e in serie tv come Game of Thrones, Hawaii Five-0, Grey’s Anatomy, Black Sails, NCIS, solo per citarne alcuni.  A breve uscirà anche un suo altro grande progetto, che ha davvero a cuore, ovvero REAL! A Ghostbusters Tale, un film che riprende la storia del mitico cult degli anni ’80 con protagonisti quattro acchiappafantasmi alle prese con entità ultraterrene e mostri spaventosi.  Il doppiatore non si è limitato al mondo del grande e piccolo schermo, ma ha voluto esprimersi anche attraverso la carta con la pubblicazione di due libri fantasy della trilogia Mondo in Fiamme.

Edoardo Stoppacciaro
Mondo in Fiamme di Edoardo Stoppacciaro. Photo credit: Valeria Del Frate

Ecco la nostra chiacchierata con Edoardo Stoppacciaro.

Ora sei un doppiatore molto affermato, ma precedentemente avevi deciso di intraprendere gli studi in giurisprudenza.  Qual è stata la scintilla che ti ha fatto capire di dover cambiare strada e lavorare nel mondo del doppiaggio?

La scintilla c’è sempre stata in realtà perché la mia passione per la recitazione è iniziata quando ero veramente piccolo, avevo otto o nove anni. Ho sempre amato recitare in teatro, e avevo questa passione per il doppiaggio e per le grandi voci del doppiaggio italiano. Aspettavo sempre i titoli di coda dei film e dei cartoni animati, in particolare riconoscevo le voci dei doppiatori dei Ghostbusters. Quando mi è capitato di lavorare con colleghi attori più grandi, più di una volta mi hanno chiesto se mi sarebbe piaciuto continuare a studiare recitazione anche dopo il liceo. Sì, effettivamente mi sarebbe piaciuto andare a Roma per studiare, poi avevo da sempre questa grande passione per il doppiaggio che però puntualmente mi veniva demolita perché questo mondo veniva descritto come un mondo molto chiuso, in cui si va avanti solo per conoscenze, dove ti dimentichi come si recita, un mondo di squali. Così ho rinunciato al sogno di recitare e ho deciso di iscrivermi a giurisprudenza. Quando un giorno mia madre, che ha sempre saputo meglio di me cosa volessi fare nella vita, ha trovato un annuncio delle audizioni dell’Accademia d’arte Tutti in scena diretta da Pino e Claudio Insegno. Il provino è andato bene e da lì ho capito che non avevo nessun motivo per non provare a fare questo mestiere.

Quindi c’è speranza in questo campo?

Sì, anche se ultimamente un po’ meno perché i clienti che portano il lavoro al doppiaggio stanno imponendo delle misure di sicurezza pazzesche. Noi per accedere al luogo di lavoro dobbiamo avere un badge, in studio dobbiamo lasciare l’impronta digitale, devi essere registrato. Quindi i ragazzi che come ho fatto io all’epoca, vogliono venire a seguire un turno di doppiaggio o farsi ascoltare da un direttore, semplicemente non possono entrare. Al momento è un po’ più difficile, ma questa è una situazione che non va bene neanche a tanti direttori che per primi hanno bisogno di sentire nuove voci altrimenti non ci sarebbe ricambio generazionale.

In questa nuova era delle piatteforme streaming, da Netflix a Amazon, dove escono tanti contenuti in pochissimo tempo, come riesci a districarti con una mole di lavoro simile?

È un lavoro molto pesante, perché le uscite in contemporanea stanno massacrando il doppiaggio. Prima si aveva tempo di studiare il prodotto e prepararlo al meglio, ora no. Per esempio The Walking Dead, che doppio anche io e che esce in contemporanea, si doppia un episodio in un giorno. Una volta doppiato va fatto un mix e ed eventuali rifacimenti, la sincronizzazione, il controllo e poi va messo in onda. Ma una puntata da 40-50 minuti non si può doppiare in un giorno, non siamo nelle condizioni di fare il lavoro al meglio.

Vista la recente fine di Game of Thrones, da molti tanto criticata, volevo chiedere a te che hai dato la voce a Richard Madden, ovvero Robb Stark, cosa ne pensi dell’ultima stagione?

C’è stato un grosso problema con questa stagione, è stata troppo sbrigativa. Ho avuto la sensazione che la produzione non ce la facesse più fisicamente a reggerla. È successo esattamente tutto quello che poteva succedere, è successo nel migliore dei modi, ma non nel migliore dei tempi. Sarebbe stato preferibile fare dieci puntate di minor durata, anziché sei da un’ora e mezza l’una, per creare un arco narrativo più fluido e dilatato.

Parlando dei tuoi futuri progetti, cosa puoi dirci di REAL! A Ghostbusters Tale in uscita questo 2019?

I Ghostbusters hanno influenzato il 90% di quello che io sono oggi, mi sono innamorato del doppiaggio grazie ai doppiatori di Ghostbusters. Da piccolo quando ho scoperto che i miei eroi dei cartoni animati esistevano anche in un film in carne e ossa, è nato il sogno di voler fare anche io un film sui Ghostbusters. Un sogno irrealizzabile, che è tornato prepotentemente alla carica quando, in occasione del mio trentesimo compleanno, mia moglie mi ha regalato uno zaino protonico. È stato come se l’unico ostacolo tra me e fare il film dei Ghostbusters fosse avere uno zaino protonico, e a quel punto ho capito di doverlo proprio fare.

Piano piano il progetto si è ingrandito grazie all’arrivo di altri collaboratori che hanno sposato il progetto, fino a che non abbiamo deciso di fare una campagna di crowdfunding su Produzioni dal basso che ci ha fatto raccogliere quel tanto che bastasse per partire.

È una storia ambientata nell’universo di Ghostbusters ma 35 anni dopo e a Roma. In un mondo che ha dimentica gli acchiappafantasmi, ci sono questi tre protagonisti, un professore, uno tecnico di laboratorio e uno studente fuori corso, che non credono nei fantasmi fino a quando scoprono che l’unico appartamento che potevano permettersi di prendere in affitto è infestato da ogni genere di apparizione che ruota intorno allo spettro di un alchimista veneziano del 1600.

Vengono a conoscenza di tutto quello successo negli anni ’80, ovvero che a New York c’erano quattro persone che andavano in giro con degli acceleratori nucleari non autorizzati a catturare fantasmi. Decidono così di procurarsi l’attrezzatura per liberarsi dal loro problema. Iniziano una serie di avvenimenti catastrofici dettati soprattutto dalla inesperienza nella disinfestazione del paranormale che arriveranno a mettere in serio pericolo tutta la città, e lì si capirà se sono dei veri acchiappafantasmi o solo dei cialtroni.

Edoardo Stoppacciaro
Intervista a Edoardo Stoppacciaro. Photo credit: Valeria Del Frate

Per quanto riguarda il tuo lavoro di scrittore, hai da poco pubblicato il secondo libro della trilogia fantasy Mondo in Fiamme, Requiem d’acciaio, che segue Una primavera di cenere, primo capitolo. C’è uno scrittore a cui sei particolarmente legato, a cui ti senti riconoscente per aver ispirato la vena artistica fantasy?

I due autori verso cui mi sento più riconoscente sono senza dubbio Martin e Tolkien, sono stati loro in diversi momenti della mia vita a farmi sentire la necessità di creare un mio mondo fantastico. Di Tolkien apprezzo il sistema di valori, la dimensione fiabesca ed epica intesa nel senso più letterario del termine. Di Martin invece apprezzo il crudo realismo, a volte anche troppo crudo. Ma apprezzo anche Abercrombie, Neil Gaiman, Terry Pratchett.


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