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EXTASES: l’estasi dell’arte nel ventre di Napoli

Extases, una mostra dall’impatto impressionante, nel ventre di Napoli, nel sottosuolo di una città che ritrova nelle sue stratificazioni la sua storia, la sua civiltà, le superstizioni e la religiosità. Proprio nelle viscere di un sottosuolo in ombra così in contrasto con l’altro grande simbolo della città partenopea, il sole, diventato un inno famoso in tutto il mondo.

Siamo a Via dei Tribunali, nel Decumano maggiore, in quel pezzo di centro storico, che convive ancora quotidianamente con i sotterranei e le sue leggende. Nel Complesso di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, nell’Ipogeo, il grande artista francese Ernest Pignon–Ernest ha creato un’istallazione, dal titolo “EXTASES”, inaugurata il 2 marzo e godibile sino al 28 aprile.

Il Complesso di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco

Una storia nella storia, un’emozione dietro l’altra quando si entra nella Chiesa, famosissima soprattutto per il culto delle anime del Purgatorio. Risalente al 1616 da un’ idea dell’ Opera Pia creata da un gruppo di nobili nel 1605, concepita da subito su due livelli: la parte superiore un’elegante chiesa barocca con uno splendido quadro da altare di Massimo Stanzione, tele di Andrea Vaccaro e Luca Giordano, ed il famoso teschio alato di Dioniso Lazzari; la parte inferiore, chiamata Ipogeo, dedicata al culto delle “anime pezzentelle”.

La chiesa fu dotata subito di una grande area cimiteriale, in una Napoli, che all’epoca era la città più popolata d’Europa, seconda solo a Parigi.
Il culto delle “anime pezzentelle” (dal latino “petere” che significa “chiedere“) nasce già sul finire del Seicento, in quel periodo non tutti potevano permettersi una sepoltura all’interno delle città, quindi vennero creati dei grandi ossari comuni. La presenza di resti anonimi generò in maniera spontanea e intensa un culto che si tradusse nell’adottare un teschio.
Il teschio diventava un talismano sacro, si costruivano degli altarini che erano delle vere e proprie casette, di vari materiali, che venivano abbelliti con santini, rosari, gioielli e oggetti di uso quotidiano. Era un culto prevalentemente femminile che si è protratto senza interruzione sino al 1969, anno in cui il Cardinale Ursi lo abolì perché considerato pagano e superstizioso, ma seguirono proteste e scene di panico e fu solo il terremoto del 1980 a fermare davvero il culto, con la chiusura dell’edificio.

EXTASES: l’estasi dell’arte nel ventre di Napoli

Il Complesso fu riaperto nel 1992 e dal 2010 è divenuto finalmente complesso museale. Pochi scalini e si scende nell’Ipogeo e si rimane incantati da una installazione, che lascia senza fiato: “EXTASES”, dedicata ad otto mistiche cristiane, una riflessione profonda sul rapporto tra interiorità ed esteriorità, tra anima e corpo.

L’esposizione è curata da Carla Travierso, organizzata da Ciro Costabile, coordinata da Francesca Amirante e prodotta dall’Associazione La Musa Partenopea, sostenuta dall’Ambasciata di Francia, il Comune di Napoli, l’Institut Francais Italia e l’Institut Francais di Napoli, dalla Fondazione Nuovi Mecenati.

Ernest Pignon-Ernest

Ernest Pignon-Ernest nasce a Nizza nel ‘42, esponente del movimento Fluxus e del situazionismo, viene considerato fra i precursori del movimento della street art. La sua ricerca è sempre stata rivolta all’indagine sulle memorie dei luoghi, con allestimenti site-specific di poster, disegni, serigrafie, manifestando anche così il suo forte impegno politico e sociale.
Il suo è un legame forte con Napoli, dove ha soggiornato dal 1988 al 1995, suggellato nel 2015 con una serie di poster affissi nei luoghi di pasoliniana memoria che ritraggono Pier Paolo Pasolini in una Pietà drammatica e struggente, opere che hanno fatto il giro del mondo e sono diventate un documentario dal titolo “ Se torno” realizzato dal Collettivo Sikozel.

Ritorna a Napoli con “EXTASES”, in un luogo suggestivo, celebrando otto figure di donne tra le più grandi mistiche del Cristianesimo, ritratte proprio nel momento dell’estasi.
Otto disegni autoportanti a grandezza naturale, collocati su una superficie d’acqua-specchio che riflette sia i disegni che lo spazio che li circonda.

Sono loro le prescelte: Maria Maddalena, Ildegarda di Bingen (1098-1179), Angela da Foligno (1248-1309), Caterina da Siena (1347-1380), Teresa d’Avila (1515-1582), Maria dell’Incarnazione (1599-1639), Louise de Néant (1639-1694), Madame Guyon (1648-1717).

Il luogo valorizza l’opera, l’opera valorizza il luogo

“Il visitatore – come spiega la curatrice Carla Travierso – si trova così ad essere nella posizione e nel ruolo privilegiato di uno spettatore in platea: l’evento privatissimo dell’estasi della santa diviene in questo modo evento pubblico”. I visitatori appoggiati alla ringhiera dell’Ipogeo assistono ad un gioco di luci e di ombre che rapisce e genera delle emozioni fortissime, dallo stupore al pathos vero e proprio. Avvicinarsi a queste figure di donne e cercare di osservarle da ogni angolazione diventa naturale. Nel luogo dove le donne pregavano per le loro anime del Purgatorio, struggendosi e patendo, le mistiche rievocano proprio tutte quelle emozioni.

Come ha ben sottolineato Francesca Amirante, curatrice del Complesso “Il luogo valorizza l’opera, l’opera valorizza il luogo”. L’allestimento è un proscenio, la tragedia si compie davanti agli occhi dello spettatore, che partecipa come a teatro ad una recita, in una dimensione che lo astrae e lo fonde contemporaneamente con l’opera. Risalendo in superficie, ritrovando la luce e il barocco napoletano, uscendo dalla chiesa non è così raro imbattersi in qualche passante che guardando attraverso le grate che danno sull’Ipogeo recita sottovoce un “refrisco”, una preghiera di suffragio per anime in attesa del Paradiso.

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