Un pittore solitario, tormentato, omosessuale, appassionato di occultismo, probabilmente morfinomane, protagonista di un’esistenza ancora avvolta nel mistero e non priva di ombre. Ma soprattutto un artista capace di creare quadri enigmatici e di rara bellezza: ritratti, nature morte, paesaggi e opere a tematica erotica uniche, per soggetto e dimensioni, nel panorama della storia dell’arte. La riscoperta di un protagonista controverso ma di primo piano del Novecento.
Allievo prediletto di Giacomo Balla, Gino Galli (1893-1944)-che nella dimora-studio in Prati del pittore piemontese era di casa sin da quando aveva 17 anni, tanto da essere anche precettore della figlia del Maestro, Luce, mentre sua madre era amica della suocera-è stato tra gli esponenti storici più importanti del Futurismo già dal 1914, autore e firmatario di importanti testi teorici, condirettore della rivista “Roma Futurista” (con Balla, Giuseppe Bottai e Enrico Rocca) e protagonista, nel 1919 e nel 1921, di due mostre personali presso la Casa d’arte Bragaglia di Roma, una delle più importanti gallerie dell’epoca.
Nonostante tutto questo, Galli è stato fino a oggi un artista quasi del tutto ignoto anche alla storiografia ufficiale sul Futurismo, salvo rare citazioni e non di rado errate, a partire dalla data di morte (quasi ovunque posticipata di dieci anni).
Ora si torna ad ammirarne l’opera per certi versi contrastante nella bella Mostra “Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine”, a cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulinio, visitabile al Mlac, il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma, fino al 6 maggio.
Gino Galli fu sub-confidente nella rete di Bice Pupeschi, spia e amante del capo della polizia fascista Arturo Bocchini, ritratta dall’artista in un dipinto degli anni Trenta, l’unico esistente.
Si tratta dunque della riscoperta di un protagonista controverso, ma di primo piano, dell’arte del Novecento, di cui sono presentati circa cinquanta dipinti-dagli esordi prefuturisti agli anni Quaranta-provenienti da collezioni private ad eccezione di tre opere (una dalla Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e due dalla Fondazione Brescia Musei) unitamente a documenti originali. Tutti materiali inediti, salvo rare eccezioni.
“Trovare un artista così importante che sia sfuggito a tutti i radar di studiosi e collezionisti, è incredibile. Eppure per una serie di coincidenze, che forse coincidenze non sono, è stato nell’oblio per tantissimo tempo”, spiega Edoardo Sassi. Che dopo essersene occupato nella sua tesi di laurea, in quasi 30 anni -e negli ultimi due molto assiduamente- ha effettuato una ricerca capillare delle opere di Gino Galli, che ora ha permesso questa mostra.
Un genio controverso, quello di Gino Galli, pieno di luci ed ombre e accompagnato dall’immagine di una vita dissoluta e dal ‘marchio’ della sua omosessualità, che può essere tra le ragioni per le quali è stato ‘nascosto’ per tanto tempo: “Non abbiamo voluto nascondere nulla delle sue contraddizioni”, tiene a sottolineare Sassi.
Molte le opere interessanti che troverà il visitatore. “Difficile indicarne qualcuna in particolare ma sicuramente ce ne sono due che incuriosiranno i presenti-anticipa Sassi-E sono due dipinti erotici di grandi dimensioni che raffigurano l’autoerotismo, maschile e femminile”. E se “quello femminile era già stato più o meno sdoganato, anche se in genere viene raffigurato nell’arte in dimensioni più piccole dato il soggetto”, dice Sassi, quello maschile è un dipinto miracolosamente sopravvissuto fino a oggi grazie a un ultradecennale occultamento in una cantina: un ritratto di un giovane in camicia nera (il futuro Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, N.d.R.) in un esplicito gesto di autoerotismo, databile 1920-1921 circa. “E’ la prima volta in assoluto che viene rappresentato, e non mancano i dettagli”, rivela il curatore.
Si tratta dunque della riscoperta di un protagonista controverso, ma di primissimo piano, dell’arte del Novecento, di cui sono presentati circa cinquanta dipinti provenienti da collezioni private ad eccezione di tre opere (una dalla Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e due dalla Fondazione Brescia Musei).
Moltissimi poi sono gli inediti successivi all’adesione di Galli al movimento di Marinetti, quando, negli anni Venti, il pittore romano vira verso un ritorno all’ordine. A questo periodo risalgono le nature morte e i ritratti con evidenti richiami al clima di “realismo magico”, spesso intrisi di echi matissiani, cui seguiranno, negli anni Quaranta, una serie di paesaggi con rovine caratterizzati da una calda luce pomeridiana. L’influenza di Balla è forte nei primi ritratti come il Ritratto della madre, in quello di Duilio Galli e della moglie Silvia.
Pittore solitario, tormentato, omosessuale, appassionato di occultismo, probabilmente morfinomane, Gino Galli, dopo gli esordi futuristi, aderirà tra gli anni Venti e Quaranta agli stilemi del Ritorno all’ordine e soprattutto a un Realismo magico ricco di simbologie, così da dar vita ad opere-ritratti, paesaggi, nature morte-di grande originalità e intenso cromatismo, presenti nella Mostra della Sapienza, che non tralascia di mettere in luce anche suggestivi elementi di narrazione, affrontando anche il nodo della “sparizione” di Galli, dopo un esordio folgorante che lo vide protagonista di primo piano nei ranghi dell’avanguardia futurista.
Il catalogo, a cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulino, con un’introduzione di Ilaria Schiaffini, una prefazione di Claudia Salaris e diversi contributi critici, è edito da De Luca Edizione d’Arte.
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