Marco Goldin, storico dell’arte, curatore e narratore, da venticinque anni studia la vita e l’opera di Vincent Van Gogh, al quale ha dedicato sei ampie mostre di grande successo, vari saggi e cataloghi, spettacoli teatrali e soggetti cinematografici.
Nel 2020, dopo anni di ricerche, ha pubblicato la prima, vera biografia in lingua italiana di Van Gogh, attraverso la rilettura e talvolta ritraduzione dell’intero epistolario. Per Solferino, nel 2018, era andato in libreria il suo primo romanzo, “I colori delle stelle”, dedicato all’amicizia tra Van Gogh e Gauguin.
Oracon “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato”, edito da Solferino, collana Narrativa, ne scrive il seguito ideale. E lo fa ricorrendo alla formula, originale e affascinante, di un “diario ritrovato”, precisamente quello degli ultimi settanta giorni di vita del grande pittore olandese, trascorsi nel villaggio di Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi.
Un racconto scritto in prima persona, giorno dopo giorno, in cui l’autore presta le sue parole a Van Gogh, con un tono e un passo narrativo mai scevri dal rispetto delle fonti storiche, tra cui al primo posto le lettere del pittore.
Il romanzo inizia il 15 maggio 1890, quando Van Gogh lascia ancora fresco sul cavalletto l’ultimo quadro a Saint-Rémy, in Provenza, prima di prendere un treno il giorno dopo e arrivare a Parigi dal fratello Theo. E prima di prendere un altro treno e arrivare a Auvers.
Da lì in avanti il racconto si snoda avvincente, tra le strade strette di quel villaggio con le case dai tetti di paglia e ardesia, i castagni in fiore, la casa del dottor Gachet, i campi di erba medica su cui galleggia il rosso dei papaveri, il fiume che scorre lento, la chiesa con un cielo smaltato di azzurro come una vetrata gotica
E infine i campi di grano che sono come un appuntamento con il destino, Van Gogh quasi accasciato sul suo seggiolino pieghevole in mezzo al giallo di quel mare.
Tra le presenze evocate della madre, della sorella Wil, di Gauguin, di Theo e della moglie Jo, dei Ravoux, del dottor Gachet e della figlia Marguerite, e tanti altri personaggi compresi in un indice conclusivo, vero e proprio capitolo in più, scritto dallo stesso Goldin. Assieme ai tanti flash back narrativi che fanno di questo libro un vero riassunto poetico dell’intera vita di Van Gogh.
Un romanzo struggente e stretto alla vita fino al limite estremo.
”Va spiegato bene il senso – dice Goldin – perché è un romanzo in forma di diario, Van Gogh non ha mai scritto un diario sia chiaro, è solo un escamotage letterario. Nel prologo appare il titolare della locanda dove Vincent trascorse gli ultimi giorni, che nel cassetto mezzo aperto della sua stanza mentre sta dipingendo, trova questo quaderno e capisce che è il suo diario di cui nessuno conosce l’esistenza. A quel punto io prendo la parola in nome di Van Gogh creando una trama che nasce dai miei 25 anni di studio del pittore, e di cui conosco a memoria ogni dettaglio. Parlo come se fossi lui quindi negli ultimi due mesi e mezzo della sua vita”. Un romanzo in forma di diario quindi che segue la biografia che Goldin aveva scritto nel 2020 attraverso il vastissimo epistolario di Van Gogh, e segue anche il primo romano dedicato all’amicizia del pittore con Gauguin, nel 2018, I colori delle stelle. Per non parlare delle 6 mostre di grande successo sul genio olandese curate da Goldin e gli innumerevoli saggi, cataloghi e spettacoli teatrali. ”Ora questo romanzo si concentra sull’approfondimento psicologico delle sue intenzioni di vita. Sono riflessioni ricordi e attraverso questo filtro porto alla luce i suoi rapporti con il padre, con la madre, con Gauguin, insomma con le persone importanti per lui. Viene fuori una grande storia attraverso tanti flash back. Molto importanti sono anche le descrizioni della natura e dei paesaggi, c’è tanta natura. Vado anche a colmare quelle giornate in cui non ha scritto lettere, come l’ultima settimana di vita”.
Ma nel libro, spiega lo scrittore e critico d’arte, ”non ci sono citazioni, non c’è nulla di ripreso di ricopiato, è tutta opera creativa”. Un libro che racconta lo stato emotivo di un grande genio nei suoi ultimi istanti, scriverlo deve essere stato molto coinvolgente dal punto di vista emotivo. ”Le giornate finali sono ad alto tasso emotivo. L’ultima lettera al fratello, del 23 luglio è dura, è diversa, è chiaro che stava maturando la decisione di spararsi. Il 24 gli faccio scrivere una lettera di grande dolcezza, quattro pagine come se stesse riassumendo tutta la sua vita: ‘cosa potrei dirti di più rispetto a quello che già sai..’ Sono pagine molto forti, di pensieri brevi, alla Lucrezio, alla De Rerum Naturae, e una di queste giornate parla del rapporto con Dio, con grande veemenza, e anche una rivendicazione ”dov’è adesso Dio…”.
Il desiderio di Goldin è di sfatare i tanti luoghi comuni sul grande pittore, che lo vogliono povero e matto, per restituire le tante sfumature della sua sensibilità e della sua opera.
Le pagine di Goldin sono segnate dai colori e dalla forza della natura. La sua scrittura è un continuo stimolo sensoriale per il lettore: si alternano nelle pagine le descrizioni di cieli stellati, notti immense, ulivi, montagne, mandorli in fiore, boschi spazzati dal vento, luce.
Un libro da leggere avendo sotto gli occhi i quadri di Van Gogh. La natura è per il pittore un rifugio, l’ultimo al male d’esistere che gli fa scrivere “i campi di grano dove buttarmici in mezzo per stare a galla in mezzo alle onde”. “Gli ultimi giorni di Van Gogh”, un’immersione totale e salvifica nelle cose, e nella necessità “di stringersi al cuore del grande universo”.
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