Acquapendente ha una radice primaria, I Pugnaloni, che non sono solo una festa tradizionale per celebrare il miracolo della Madonna del Fiore, ma un vero e proprio stile di vita che detta il timing dell’anno in corso. In effetti, mi racconta Riccardo Brenci, uno dei ragazzi che vi partecipano, è impensabile che qualcuno decida di sposarsi a Maggio, quando la festa si celebra. Il matrimonio andrebbe sicuramente deserto.
I circa cinquecento ragazzi che ne fanno parte sono divisi in gruppi: alcuni generazionali, nati negli anni cinquanta-sessanta e tramandatisi di padre in figlio, come il gruppo di Riccardo; altri di derivazione, nati cioè sulla scia di quelli storici, come il gruppo di Paolo Kadmeia Marziali.
I due gruppi sono antagonisti per stile e per identità. E questa, sembra sia, una delle chiavi de “I Pugnaloni”: una competizione senza tregua che genera, però, dei capolavori d’arte straordinari.
Paolo: Vedi, tutto nasce dal bozzetto, da un’idea, da un’intuizione. Si costruisce per gradi.
Riccardo: “I Pugnaloni” degli anni sessanta erano più intensi, la loro realizzazione dipendeva dalla disponibilità dei fiori di campo, quindi la cromia veniva decisa in base a quello che si aveva.
Nonostante questo limite le tavole raccontavano di più. Si doveva capirle, c’era più introspezione, più dolore. Abbiamo perso, credo, il romanticismo di quei tempi.
Paolo: È vero. Oggi c’è una reperibilità che prima non c’era. I fiori adesso si comprano. Però restano gli studi cromatici di ogni anno passato e, quelli, sono fondamentali per decidere l’indirizzo del bozzetto. Sicuramente abbiamo perso l’artigianalità ma non l’esperienza e nemmeno la voglia di esprimerci. Certo, dopo tante esposizioni è difficile trovare idee valide, anche perché non è detto che il bozzetto raggiunga la forza che deve avere un manifesto.
Riccardo: Saper fare il pugnalone, infatti, non significa saper disegnare, significa saper comunicare, ci sono delle dinamiche di tavola, di concetto da esprimere, bisogna capire l’incastro, che fiore metterci, cosa inserire, cosa no. I Pugnaloni sono libertà-centrici, un tema molto sentito che si rifà alla sconfitta del Barbarossa, dopo di che ognuno prende la strada che vuole. C’è chi segue la strada religiosa, per via del miracolo, chi invece inventa strade nuove.
Entrambi mi raccontano che la domenica mattina, dopo che si sono consegnati “I Pugnaloni”, si chiude il giro di emozioni di un periodo medio-lungo e da quel preciso istante parte la gara, quindi la premiazione.
Paolo: Lì si piange, basta incrociare lo sguardo degli altri compagni di questa avventura per esplodere. Se si vince, si vince con le mani e con i piedi. Fino al giorno prima sei preso dalla riuscita del disegno, quando sollevi la tavola in verticale sai se hai indovinato, o no, tutti gli abbinamenti. Poi sei in mano alla giuria. E speri almeno di piazzarti tra i sei Pugnaloni che vengono premiati. È importante per la squadra. Ma se vinci c’è qualcosa che va oltre tutto. E puoi solo piangere perché lo sfinimento fisico ti fa abbassare tutti i muri. Ti liberi”
Riccardo: È così, per il gruppo è importante piazzarsi. È un incentivo a fare meglio il prossimo anno. Vincere con il Pugnalone è come vincere lo scudetto. Io ho pianto quando abbiamo vinto, fino a sentirmi male. Poi ho sfogato questa gioia sulla pelle e mi sono tatuato tutte le vittorie. È qualcosa che ti resta dentro. Sono mesi intensi di lavoro. Io, come anche Paolo, siamo accomunati dallo stesso metodo di lavoro. Non deleghiamo tutto ai fiori. Non ci appoggiamo sulla reperibilità veloce, anzi, iniziamo a lavorare mesi prima, e questo mi fa avere un grande rispetto per lui, nonostante la rivalità”.
I Pugnaloni dopo la premiazione vivono di una loro vita propria, restano esposti nella Cattedrale di Acquapendente per l’intero anno, fino alla successiva festa della Madonna del Fiore.
Entrando nella Cattedrale di Acquapendente, dove I Pugnaloni restano esposti un anno, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a tanti stendardi, ognuno rappresentativo di un pensiero forte, un ideale intoccabile, un manifesto di sforzi comuni. E se pure lo stupore generato dai fiori freschi è l’asso vincente, anche osservarli sfioriti provoca una certa emozione. Una traccia indelebile delle tante mani operose che vi hanno lavorato.
Il 20 Maggio 2018 di nuovo si celebra la Madonna del Fiore, cosa avranno inventato stavolta i vari gruppi per sconfiggere il Barbarossa?
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