Se seguite il mondo dei social e delle serie tv, siete sicuramente stati investiti anche voi dal successo di Euphoria, la seconda serie HBO più vista di sempre dopo Game of Thrones. In passato mi sono espressa su questa serie, dopo aver visto la prima stagione, non proprio positivamente, le grandi aspettative che vi riponevo avevano contribuito a deludermi, ma devo dire che la seconda stagione mi ha davvero fatto ricredere. Sicuramente Euphoria non è per tutti, è un prodotto molto forte, a tratti crudo e per niente leggero, ma merita una chance.
Rispetto alle prime puntate il regista ha totalmente cambiato approccio e io ho apprezzato soprattuto il modo in cui sia riuscito a sviluppare i personaggi. I protagonisti della serie sono dei liceali e, anche se, come nella maggior parte dei prodotti americani, sembrano già degli adulti, trovo che il regista abbia saputo rendere bene il cambiamento repentino che si attraversa in questi anni.
Nella prima stagione ci venivano presentati i personaggi, focalizzandoci su ognuno di essi puntata per puntata, con delle vite totalmente al limite, che rendevano difficile l’immedesimazione o l’empatia. Qui cambia tutto. Levinson si concentra molto di più sull’interiorità dei suoi protagonisti, costruisce intere scene sui primi piani, sui loro occhi e sul loro respiro, ci prende per mano mentre ci addentriamo lentamente nei loro pensieri. A questo contribuisce senza dubbio l’estrema bravura del cast, davvero spettacolare.
È stupefacente come, offrendoci un punto di vista diverso, forse anche più veritiero, cambi completamente la nostra percezione delle cose.
Cassie sicuramente è la più colpita da questo processo. Nella prima stagione era la mia preferita e ho faticato davvero molto per continuare a giustificarla, ma la serie non lascia spazio a compiacimenti, ci mostra la realtà dei fatti, nuda e cruda. Così quella che sembrava essere una ragazza dolce e semplicemente troppo emotiva, finisce per risultare patetica ai nostri occhi, proviamo pena per lei e allo stesso tempo ci infastidisce terribilmente. Lei è fragile, questo è chiaro, è insicura e tenta di rifugiarsi nell’amore degli altri, o meglio, in ciò che lei crede sia amore, ma che in realtà è solo controllo assoluto. È evidentemente entrata in un loop, in una situazione tossica asfissiante, che le fa perdere totalmente il controllo della sua vita. “At least I’m loved”, le sue stesse parole nella settima puntata riassumono perfettamente il suo personaggio.
Processo inverso per Lexi, che invece finalmente riesce ad uscire dal proprio bozzolo e a stupirci tutti con la sua forza. È sicuramente, tra tutti, il personaggio più vicino a noi, ha una vita abbastanza normale e, soprattutto, guarda tutti gli altri con sguardo attento e sorpreso. Discutibili alcune sue scelte, ma trovo che sia l’esempio di come a volte l’egoismo serva per salvarsi dal mondo. Mi è piaciuta moltissimo, seppure il suo sviluppo sia ancora molto basic: coraggiosa, ci piace, ma niente di unico.
Nate si conferma il personaggio inquietante e spaventoso che credevamo, ogni scena con lui ti porta sempre il cuore in gola, non sai mai cosa aspettarti, potrebbe esplodere da un momento all’altro. Nel suo caso trovo sia molto interessante la scelta dell’attore. Jacob Elordi è oggettivamente un bel ragazzo, ha degli occhioni da cerbiatto che rendono davvero difficile odiarlo e, per quanto Nate sia detestabile, mi sono trovata più di una volta a provare pena per lui, per poi riprendermi e continuare a disprezzarlo, come è giusto che sia.
Elliot, new entry, è probabilmente uno dei miei preferiti di questa stagione (insieme a Fezco, per ovvi motivi che non sto qui a elencarvi). Mi piace molto la sua fluidità, la sua capacità di portare contemporaneamente pace e caos intorno a sé; la sua canzone nell’ultima puntata mi ha emozionato tantissimo confermandogli il posto nella top 3.
Arriviamo infine a Rue, la nostra protagonista. Lei è davvero un personaggio difficile da inquadrare e, devo dire, io non l’ho mai apprezzata molto. In più di un’occasione mi sono trovata a biasimarla, non giustificandola praticamente mai. Mi infastidiva particolarmente che trascinasse chiunque avesse introno nei propri problemi e nelle scelte, a dir poco discutibili, che prende costantemente. Zendaya però è sublime, è di una bravura sbalorditiva e lo si coglie soprattuto dal fatto che il regista ci si focalizzi moltissimo, con silenziosi primi piani in cui si lascia totalmente spazio a lei e alle sue emozioni. In più di un’occasione mi ha fatto venire i brividi e sul finale sono riuscita ad affezionarmi anche al suo personaggio.
L’ambientazione, poi, gioca un ruolo fondamentale: l’attenzione ai look dei personaggi, ai loro trucchi stravaganti e la scelta delle musiche rappresentano il marchio di fabbrica di Euphoria e sono ciò che la rende unica nel suo genere.
Nonostante questi ultimi episodi ci abbiano strappato il cuore, non disperate, Levinson tornerà ad emozionarci con una nuova stagione nel 2024. In conclusione consiglio a chi non avesse ancora visto questa serie di recuperarla al più presto, preparatevi a montagne russe di emozioni e a quell’incontenibile voglia di utilizzare eyeliner colorati e glitter che nascerà dentro di voi.
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