Recensione

Pian della Tortilla di John Steinbeck, Recensione

Monterey, California, USA. Nel pieno della Grande Depressione, sulla zona collinare che da il nome al titolo, risiedono gli ultimi americani di sangue ispanico, i paisanos, che non hanno molta scelta di vita. Conosciamo Danny, reduce militare, che torna in città accompagnato dalla notizia che il suo viejo, cioè il nonno, gli ha lasciato in eredità due piccole case a Pian della Tortilla.

Da qui in poi le giornate di Danny si caricano di espedienti, condite anche dal progressivo allargamento della sua combriccola di amici, a cui prima affitta una delle due proprietà, e dopo, a seguito di un incidente in cui una casa prende fuoco, è costretto ad accoglierli nella propria. Nessuno ha un vero e proprio lavoro, e tantomeno lo va a cercare; il loro obiettivo primario è quello di procurarsi del vino e brindare davanti al camino, ubriacarsi, andare a dormire, e ripetere di giorno in giorno.

Pian della Tortilla di John Steinbeck

Questa è la storia di Danny, degli amici di Danny e della casa di Danny. È la storia di come queste tre cose diventarono una sola” scrive Steinbeck stesso nella premessa; infatti a far da base alle avventure dei paisanos c’è un forte quanto furbesco senso di fedeltà e amicizia, che lega le diverse personalità alla figura di Danny e alla sua proprietà. I sei amici sono perennemente guidati da un alquanto dubbia moralità che li sprona a compiere atti di gentilezza e carità verso gli altri (a patto di un buon tornaconto personale), finendo ogni sera a sbronzarsi di vino, alleggeriti nell’animo e appesantiti nel fegato.

L’autore fa il resto. Ci porta a Pian della Tortilla con lui; e con un tocco surrealista ci rende partecipi degli espedienti giornalieri dei protagonisti, compatendoli e giustificando le loro mosse con fare paterno. È una scelta azzeccata la sua, perché in maniera ironica non fa altro che porre l’accento su un mondo lasciato fino a quel momento da parte, dando voce ad una “nuova epica” del Novecento americano in cui l’eroe è demistificato e privato delle vesti omeriche di un tempo. D’altronde Danny e gli altri sono il centro del romanzo, e il lettore si affeziona alle loro vicissitudini, ma non sono affatto eroi; le loro azioni sono il più delle volte illegali o immorali in un contesto storico-sociale di per sé già molto discutibile, dove la miseria imperversava e chi ne soffriva di più erano proprio le minoranze etniche.

L’impressione è che Steinbeck porti Enea sui gradini di un portico a Pian della Tortilla, con un gallone di vino in mano, in attesa che il giorno diventi notte.
La lettura è consigliata perché trascina con delicatezza il lettore tra le pagine cullandolo parola per parola, senza caricarlo di alcuna responsabilità, immergendolo totalmente nelle acque della prosa.

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