Stanley Kubrick, il genio del cinema 20 anni dopo

In ricordo di Kubrick

Vent’anni fa ci lasciava Stanley Kubrick, uno dei maggiori cineasti della storia del cinema, nonché direttore della fotografia, montatore, scenografo, creatore di effetti speciali, scrittore, fotografo. Le sue opere ancora oggi si fanno ricordare, avendo lasciato nel mondo del cinema un segno indelebile.

In questa settimana, per ricordare il grande regista, la programmazione televisiva ha dato il via ad una serie di appuntamenti che riportano sul piccolo schermo i suoi lavori più conosciuti da Full Metal Jacket, a Shining, Arancia meccanica e Eyes Wide Shut. Noi lo volgiamo ricordare ripercorrendo i punti salienti della sua vita e della sua carriera.

Kubrick era un newyorchese del Bronx, il disagiato quartiere della Grande Mela, è nato da una famiglia ebraica di origini austriache, polacche e rumene il 26 luglio 1928. Amava i miti greci, le fiabe nordiche, gli scacchi, il jazz e la batteria.

I primi contatti con il mondo dell’arte ci furono nel 1941 quando, appena tredicenne, ricevette in regalo dal padre una macchina fotografica, di quelle ingombranti e poco pratiche, ma Stanley incuriosito e stimolato da quel regalo iniziò a fotografare e a sviluppare i suoi scatti.

La foto di un edicolante dietro una risma di giornali che annunciano la morte del presidente, fu uno dei suoi tanti scatti di quel periodo, ma fu la prima foto ad attirare l’attenzione su di sé. La propose alla rivista “Look” che a sorpresa decise di pubblicarla e di assumerlo come fotografo.

L’arte del cinema lo ispirava, lo appassionava e lo attraeva tanto da portarlo a trascorrere cinque sere alla settimana nella sala di proiezione del Museum of Modern Art di New York, a guardare vecchi film.

Il suo lavoro per la rivista gli fornì molti spunti per le sue prime prove cinematografiche. In particolare il suo servizio del 1948 su Walter Cartier, da cui poi nacque l’idea di un cortometraggio che seguiva il pugile giorno dopo giorno fino alla gara, “Il giorno del combattimento”.

La sua strada era segnata sin da piccolo, la sua dedizione al cinema divenne lavoro e vita per Stanley.

I primi film come Paura e desiderio, Il bacio dell’assassino, Rapina a mano armata gli permisero di prendere familiarità con il mezzo a 360° dalla regia, alla fotografia, al montaggio, sceneggiatura e produzione. Iniziò dunque a farsi notare nell’ambiente ed iniziare una carriera fatta di pellicole che per la maggior parte sono entrate a far parte della storia del cinema.

Il suo lavoro non passò inosservato e non rimase immune neanche alle critiche, in particolare dopo l’uscita del film Lolita del 1962, tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov. Lolita infatti provocò reazioni da parte della censura americana che ne ostacolò la realizzazione, evento che spinse poi Kubrick a trasferirsi in Inghilterra, da cui non sarebbe più rientrato.

Prese sempre di più le distanze dalla vita mondana preferendone una più appartata e privata, tanto da fomentare leggende sul suo conto che lo descrivono come un uomo burbero e scontroso, ma anche scrupoloso e perfezionista sul lavoro.

A parte periodi di lunghe attese tra un film e l‘altro, il regista sfornò successi come Spartacus, che gli portò quattro premi Oscar e un notevole incasso che gli permise di finanziare tutti i suoi lavori successivi. Seguirono Il Dottor Stranamore, 2001: Odissea nello spazio, divenuto un cult che gli costò quattro anni di lavorazione. La pellicola fu il risultato di un processo creativo a 360°, geniale e innovativo creò nuovi congegni tecnologici e addirittura un nuovo genere anche nell’arredamento

Tra i suoi titoli più famosi c’è senza dubbio Arancia Meccanica del 1971, tratto dall’omonimo romanzo distopico di Anthony Burgees del ’62. La società violenta, votata ad un condizionamento del pensiero sistematico, rappresentata da Kubrick sul grande schermo gli vale la candidatura a 4 Oscar come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio. La sua chiave visionaria e onirica lo ha consacrato come uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, nonostante negli anni ’70 la sua uscita destò scalpore, ammirazione e allo stesso tempo critiche per l’esasperata violenza delle scene.

Arrivò l’anno di Barry Lindon, 1975, considerato uno dei migliori di film di Kubrick. La fotografia e l’intero effetto complessivo della pellicola sembra riprodurre fedelmente dei quadri ad olio. La ricercatezza maniacale del realismo portò il regista a fare uso di pellicole speciali fornite dalla Nasa e obiettivi appositamente fabbricati.

Cinque anni dopo uscì Shining, il cult basato sul romanzo omonimo di Stephen King, ed entrato nell’imaginario collettivo per le scene iconiche girate all’interno dell’Overlook Hotel con un’inquietante Jack Nicholson.  Poi fu l’anno di Full Metal Jacket, sul conflitto vietnamita ed infine arrivò l’ultimo titolo il celebre Eyes Wide Shut. Il film chiuse la sua carriera cinematografica in pieno stile Kubrick, infatti la pellicola richiese un lunghissimo tempo di lavorazione per via della maniacale ricerca della perfezione da parte del regista.

Kubrick, genio del cinema, morì il 7 marzo del 1999 stroncato da un infarto poco dopo la fine del missaggio di Eyes Wide Shut.

Stan

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