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The Undoing – Le verità non dette

Un cast praticamente perfetto guidato da Nicole Kidman e Hugh Grant, una regista che nella serialità sembra aver trovato una nuova giovinezza (Susanne Bier) e soprattutto un creatore di grande intelligenza (David E. Kelley), fanno di The Undoing un thriller psicologico che cattura lo spettatore fin dalle prime scene e lo coinvolge nella creazione di un’impalcatura di sospetti che si risolve solo negli ultimi minuti. Produzione HBO. Disponibile su Sky Atlantic dall’8 gennaio.

Grace Fraser (Nicole Kidman) e suo marito Jonathan (Hugh Grant) sono una coppia newyorchese benestante e felicemente sposata. Entrambi stimati professionisti, psicologa lei e oncologo pediatrico lui, vivono con il figlio di dodici anni Henry (Noah Jupe) in una lussuosa casa dell’Upper East Side di Manhattan. Mentre Jonathan ha lasciato la famiglia da ragazzo per il college, Grace ha un rapporto molto forte con il ricco e potente padre Franklin (Donald Sutherland), il quale non ha mai fatto segreto della sua antipatia per il genero. Ma questo non scalfisce un matrimonio che appare idilliaco, i Fraser conducono una vita invidiabile, si amano e sono perfettamente inseriti nella ricca società newyorchese. Durante un pranzo organizzato dalle madri degli studenti della costosa scuola privata frequentata dal figlio, Grace conosce Elena Alves (Matilda De Angelis), una giovane madre di origini latine che sembra rivolgerle particolari e insistite attenzioni. In poche ore, la vita apparentemente perfetta di Grace e Jonathan comincia a sgretolarsi, facendo emergere agghiaccianti verità.

The Undoing, la recensione (senza spoiler)

È difficile parlare di The Undoing senza incappare in spoiler, ma è quello che qui si cercherà di fare perché la grandezza di questa miniserie HBO sta proprio nella costruzione perfettamente calibrata, episodio dopo episodio (sono sei in tutto), di una verità che si rivelerà solo alla fine e che lascia sorgere, nel mezzo della narrazione, una serie di dubbi e sospetti che non risparmia nessuno, davvero nessuno, dei protagonisti. Qui l’applauso va senza dubbio al creatore e sceneggiatore David E. Kelley, che ha scritto la miniserie partendo dal romanzo Una famiglia felice (You Should Have Known) di Jean Hanff Korelitz, puntando l’attenzione su un tema a lui caro, già indagato a fondo in Big Little Lies, ovvero quello dell’ipocrisia dei rapporti umani (soprattutto se calati in un certo ambiente alto borghese) e costruendoci sopra un vero e proprio thriller, con tanto di sangue e cadaveri.

In tutto questo l’autore inserisce anche una poco velata critica verso il potere dei media e la loro capacità di indirizzare l’opinione pubblica e ci dà un bell’assaggio della sua, ben nota, maestria nel gestire aule di tribunale. Lo stesso David E. Kelley è stato avvocato prima di diventare sceneggiatore ed è l’autore di molte serie legal come Avvocati a Los Angeles, Ally McBeal e Boston legal. Sono interrogatori da manuale quelli condotti in The Undoing dalle rampanti e spregiudicate avvocatesse Haley Fitzgerald (Noma Dumezweni) e Catherine Stamper (Sofie Gråbøl), che concorrono alla costruzione e decostruzione continua della verità, di cui non possiamo mai essere sicuri, se non alla fine, quando la vediamo materializzarsi di fronte ai nostri occhi. La bravura di David E. Kelley sta nel dosare il ritmo della costruzione dei personaggi, di cui si rivelano particolari e caratteristiche mano a mano che si va avanti nella narrazione. Particolari e caratteristiche messi lì appositamente, e al momento giusto, per far cadere i nostri sospetti proprio su di loro, per poi deviarli nuovamente su qualcun altro ogni volta che emerge un nuovo dettaglio.

Nicole Kidman in una scena della serie

A incarnare questi personaggi, la loro ambiguità, le loro contraddizioni e mezze verità, è un cast, come si è detto all’inizio, praticamente perfetto, guidato da Nicole Kidman e da un sorprendente Hugh Grant, che con il passare degli anni sta mettendo sempre più in mostra le sue doti di attore. Lo vediamo all’inizio e lo riconosciamo subito nel Jonathan Fraser affascinante e dalla battuta pronta, caustico e irriverente. Poi, con il passare dei minuti emerge un’altra parte di lui, la sua doppiezza, la sua bassezza morale che l’attore inglese, con la sua ben nota “faccia da schiaffi”, riesce a rendere in un modo niente affatto scontato. E poi c’è lei, Grace Fraser, meravigliosamente interpretata da una Nicole Kidman (qui anche produttrice esecutiva) sempre a suo agio nell’interpretazione di figure femminili complesse.

In The Undoing lei è i nostri occhi e il nostro pensiero, i suoi dubbi sono i nostri e il suo sguardo, ripreso spesso nel dettaglio, ci accompagna sempre nella nostra indagine sulla verità. È una protagonista quasi hitchcockiana. La sua è una personalità misteriosa, chiusa, anche quando rivela qualcosa si ha sempre la sensazione che ci sia altro dietro, un sottotesto, una sottoverità. E l’attrice australiana, nel costruirla, è magnifica. Se Nicole Kidman è la star di The Undoing, ci fa piacere riconoscere qui anche la bravura della nostra Matilda De Angelis in un ruolo importante, quello di una giovane donna conturbante e fragile. Lo sguardo triste di Elena Alves resta, e l’attrice italiana non sfigura in questa importante produzione internazionale accanto a mostri sacri come Donald Sutherland, sempre perfetto in questi ruoli di pater familias ricchissimi e dalla discutibile moralità. Molto bravo anche Noah Jupe nel ruolo di Henry, il figlio dodicenne dei Fraser, sofferente, diviso tra il sospetto e l’amore verso i propri genitori e il desiderio di tenere unita la famiglia. Anche in lui sembra esserci più di un livello di verità.

Matilda De Angelis in una scena della serie

La regista Susanne Bier, (premio Oscar nel 2011 per In un mondo migliore), che dirige tutti e sei gli episodi, scava nelle espressioni e negli sguardi dei protagonisti, quasi a volerne leggere il pensiero, con un uso frequente dei primi e primissimi piani. Ma il suo occhio resta distaccato e questo è un bene per la buona riuscita dell’elemento thriller. Nei molti esterni girati a New York la città sembra una teca e i suoi abitanti tanti insetti che si muovono frenetici nel traffico, un effetto ottenuto giocando molto con le focali. Poi si entra, nelle case lussuose delle famiglie ricche di New York (splendido il lavoro di scenografia e costumi) e si guarda con la lente di ingrandimento la loro vita da privilegiati, per svelarne ipocrisie e peccati. Gli sguardi scandalizzati e infastiditi con cui le mamme guardano Elena Alves allattare al seno la sua bambina nella prima puntata sono la prima di una serie di stoccate lanciate contro un mondo di intoccabili che si va disintegrando di episodio in episodio.

È il castello di certezze di Grace che vediamo crollare. La sua vita perfetta, alla fine, non è che un sogno. La storia è già nei titoli di testa, in quel Dream a little dream of me cantata dalla stessa Kidman.

Un sogno in sei puntate, assolutamente da vedere.

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