Personaggi

Veronica Pivetti si racconta in esclusiva ai lettori di Mondo Cultura

Veronica Pivetti si cimenta nell’insolito doppio ruolo di Viktor/Viktoria, nato sul grande schermo e per la prima volta sulle scene italiane nella sua versione originale. Viktor und Viktoria, commedia con musiche liberamente ispirata all’omonimo film di Reinhold Schunzel, sarà in scena per le stagioni teatrali promosse da ATCL – Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio – con il finanziamento del Ministero per le attività Culturali.

In una Berlino stordita prima dai fasti e poi dalla miseria della repubblica di Weimar un’attrice di provincia, Susanne Weber (Veronica Pivetti), approda in città spinta dalla fame e in cerca di scrittura. Il freddo le ha congelato le membra, e anche il cuore non è rimasto illeso. L’incontro con un collega attore, Vito Esposito (Yari Gugliucci) immigrato italiano, sembra cambiarle la vita. E mentre la città subisce gli umori delle nascenti forze nazionalsocialiste di Hitler in lotta con gli spartachisti dell’estrema sinistra, Susanne e Vito s’immergono negli eccessi della vita notturna weimeriana. La coppia condivide fame, scene e battute e, alla fine, si scambieranno anche… sesso ed identità!

Veronica Pivetti

Ed è per proprio per l’affamata ditta che Susanne si sacrifica e diventa… Viktor und Viktoria, cioè un acclamato ed affascinante en travesti, anche grazie all’aggiunta di un colorato, buffo e stravagante fallo di cotone che diventa l’emblema del loro piccolo grande segreto.

Sullo sfondo di una Berlino anni trenta, una spassosa Veronica Pivetti ci racconta una storia piena di qui pro quo, cambi di sesso, scambi di persona e ricca di intrecci sentimentali senza esclusione di colpi.

Le curiosità, le soddisfazioni, le difficoltà e il rapporto con il pubblico e il teatro, Veronica Pivetti le racconta nella seguente intervista.

Veronica Pivetti, ci racconti questo suo viaggio nella Berlino degli anni ’30…

In questo “viaggio” teatrale raccontiamo una città e un periodo in pieno cambiamento. Siamo nella repubblica di weimar e sta per arrivare l’ombra nera del nazismo, ma nessuno immagina le atroci conseguenze che il nazismo avrà. A berlino, nonostante la miseria vera nella quale i nostri personaggi si muovono, c’è una vita culturale molto fertile, c’è grande libertà di costumi e noi raccontiamo questo passaggio storico, in commedia.

Lei interpreta ben 3 personaggi, due femminili e un en travesti maschile, un intrigante gioco di scambio di personalità e sessi. Un’ esperienza particolare quanto complessa?

Le difficoltà e le soddisfazioni vanno di pari passo. Questo ruolo mi costringe ad una “fluidità” (tanto per usare un termine molto di moda)  estremamente intrigante e professionalmente stimolante. In un personaggio ne interpreto tre con cambi velocissimi sia di costume che di “personalità”.

L’omonimo film del 1933 ha riscosso notevole successo, tanto da vantare un remake. La piéce sta incontrando favore da parte del pubblico?

Incrociamo le dita come sempre, ma fino ad ora lo spettacolo è andato benissimo, tanto che faremo una terza stagione. Teatri pieni e gente che si diverte, ride, si commuove… Insomma, una enorme soddisfazione. È una commedia con canzoni, è il racconto di un certo cabaret dell’epoca, non ci facciamo mancare niente!

Lei vanta numerose esperienze di successo sia sul grande e che sul piccolo schermo. Perchè ha deciso per questa tournè teatrale? Che rapporto ha con il teatro?

Un rapporto ormai irrinunciabile. Il teatro è l’unico mezzo che ti fa “respirare” insieme al pubblico, c’è totale condivisione.

A teatro lo spettacolo lo facciamo noi sul palco e il pubblico in sala, è fondamentale l’apporto della gente. E per un attore recitare in teatro è una cartina di tornasole: difficile imbrogliare. Non c’è il “montaggio” a salvarti, non ci sono “tagli”…

I suoi progetti futuri che può o desidera raccontarci?

Sto scrivendo il mio terzo libro ed è in uscita una fiction web di cui ho fatto la regia che è una sorta di parodia dei film catastrofici americani e parla del depauperamento del linguaggio. Sì intitola bleah! E anche lì si ride, e molto, ma si riflette anche, cosa indispensabile, no?

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