Se si analizza l’elenco dei 21 spettacoli selezionati per la 9° edizione del Roma Fringe Festival non si può non notare una forte presenza di produzioni provenienti dal Sud, a conferma di una vivacità della scena meridionale, e in particolare di quella napoletana, frutto anche di intelligenti politiche di coesione tra gli operatori e di sostegno pubblico, che sta emergendo per la qualità delle proposte artistiche.
A conquistare la finale quest’anno tre produzioni che non solo hanno tutte registrato sul palco la presenza esclusiva di donne, ma che sono anche accomunate dalla loro provenienza geografica, il Sud, Campania e Puglia nello specifico. E proprio dalla Campania e dalla Puglia, rispettivamente da Napoli e da Bari, provengono i due progetti che qui presentiamo, entrambi vincitori di premi di categoria, che hanno fatto dello studio sul dialetto il punto centrale del proprio lavoro drammaturgico. Una vera e propria ricerca linguistica che porta sulla scena suoni quasi dimenticati, o quel che è peggio banalizzati dalla vulgata comune.
Per RI.TE.NA. Teatro ‘ricerca’ è una parola chiave, parte integrante del nome stesso che la compagnia si è data, (la sigla sta per Ricerca Teatrale Napoletana), e che meglio rappresenta il cuore del loro progetto. Una giovane realtà che in questa 9° edizione del Roma Fringe Festival ha ottenuto un importante consenso, non solo accedendo alla finale ma conquistando i premi come Miglior Regia e Miglior Attrice ex aequo alle due protagoniste. L’autore e regista Fabio Di Gesto e le due attrici Francesca Morgante e Maria Claudia Pesapane ci parlano di ‘E Cammarere, liberamente ispirato a Le serve di Jean Genet. Un lavoro che non vuole essere una semplice traduzione in dialetto napoletano ma una vera e propria riscrittura, che cala il grande classico di Genet nei vicoli di una Napoli chiassosa e plebea.
Per Nico Sciacqua, autore e protagonista di Kedda dì prodotto dal Collettivo Teatro Prisma, lavoro che gli è valso il premio come Miglior Attore, il dialetto pugliese è una “canzone che si sente per le strade di Bari”. Un dialetto che forse più di ogni altro ha subito negli ultimi anni un processo di semplificazione e di appiattimento, spesso piegato a esigenze di scrittura per comici e battutisti.
Kedda dì è “un poema in rima”, come specifica il suo autore, che vuole rivalutare la tradizione popolare barese raccontando una storia antica e dura, ma che regala attimi di leggerezza attraverso le voci dei tanti personaggi ispirati a quella terra.
“La storia di una violenza di branco che si intreccia a un cammino personale verso il perdono. Il tutto sullo sfondo di una Bari antica, con i suoi personaggi leggendari, le sue tradizioni, il suono delle sue strade più nascoste.” Abbiamo parlato di Kedda dì, in occasione della messa in scena al Piccolo Eliseo, con Nico Sciacqua e Barbara Grilli, co-fondatrice insieme a Giovanni Gentile, regista dello spettacolo, del Collettivo Teatro Prisma.
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