Il 24 settembre, con la prima edizione di Peng, commedia nera del drammaturgo tedesco Marius von Mayenburg, il Teatro Vascello ha aperto la stagione 2021/2022.
di Marius Von Mayenburg
traduzione Clelia Notarbartolo
con Fausto Cabra, Gianluigi Fogacci, Sara Borsarelli, Giuseppe Sartori, Anna C. Colombo, Francesco Giordano
regia Giacomo Bisordi
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello con il contributo di Nuovo Imaie
Vicky e Dominik Peng sono una coppia benestante in attesa del primo figlio. Danno un’immagine di sé di una perfezione esemplare, tra cibo sano, solidarietà verso i più deboli e tutto un armamentario valoriale tipicamente borghese.
Dietro questa maschera sociale si cela in realtà la profonda ipocrisia che connota la società dei consumi. La stessa ipocrisia con cui crescono fin da subito il figlio Ralf, a cui attribuiscono, con cieco amore genitoriale, le doti del genio.
In realtà l’unico talento di Ralf Peng risiede semplicemente nella sua precoce mostruosità: strangola la gemella nell’utero, nasce già con i denti e a cinque anni è in grado di soggiogare completamente i propri genitori e l’intero gruppo sociale cui appartiene.
Inevitabile l’approdo alla politica nella quale Peng trova terreno fertile per manifestare liberamente le stesse caratteristiche innate di certi leader contemporanei: misoginia, machismo e cinismo calcolatore. La verità è che Peng è un mostro, ma nessuno intorno a lui, tantomeno i suoi genitori, sembra volerlo davvero vedere.
Marius von Mayenburg cominciò a scrivere Peng nel 2017, subito dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. In effetti è piuttosto facile vedere in Ralf Peng la versione iperbolica del miliardario americano.
Peng è misogino, egoista, razzista, senza scrupoli, ostinato e viziatissimo dai genitori che gli attribuiscono doti che non ha.
La sua inevitabile ascesa nel mondo politico costituisce un pericoloso elemento di caos in grado di sovvertire le regole di convivenza civile e di minare le fondamenta della struttura sociale.
Il caos è l’elemento di Peng e la cifra di questa pièce diretta da Giacomo Bisordi. In Peng il palcoscenico è un campo di battaglia e al momento degli applausi a terra c’è di tutto: sangue, sabbia, yogurt, sputi e merda.
La messa in scena prevede diversi quadri costruiti via via dagli attori a sipario aperto, con un ottimo utilizzo di tutti gli spazi offerti dal grandissimo palco del Teatro Vascello.
La buona intuizione di Bisordi è quella di fare della vita di Peng un reality show con tanto di intermezzi pubblicitari. In questo senso Peng è una pièce transmediale che riflette la realtà in cui viviamo.
Ralf Peng è un mostro partorito da questa civiltà, si nutre dei suoi linguaggi. Cresce in un utero che è un flight case e parla dalla pancia con un microfono.
La drammaturgia di Marius von Mayenburg, nella traduzione di Clelia Notarbartolo, è un mix di linguaggio pubblicitario, telecronaca, frasi slogan, luoghi comuni e violenza verbale. A tratti sembrava di sentire pronunciati sulla scena certi pezzi di Infinite Jest di David Foster Wallace.
Solo che in Peng il futuro è già qui: siamo già nell’anno del pannolone per adulti Depend. Qualche Peng lo abbiamo già conosciuto.
La critica a questa “nuova generazione di uomini forti”, alla cui preoccupante ascesa assistiamo ormai da qualche anno, è una critica alla stessa generazione che l’ha partorita.
I genitori di Peng sono il frutto di un micidiale mix tra edonismo anni ’80 e naturismo massmedializzato. Padri e madri della nuova classe dirigente.
Bisordi li fa vestire allo stesso modo, con quella tuta rossa dell’Adidas che fu di Chas Tenenbaum e figli, perché sono una squadra che deve dare una affidabile e definita immagine di sé. Le tute rosse sono l’equivalente delle perfette casette a schiera in Truman Show. L’illusione di una società salutista e caritatevole che in realtà è solo affamata di messa in onda.
Da questa uniformità che è omologazione sfuggono personaggi come Peng. Cresciuti nella convinzione di essere dei predestinati, sono incapaci di autocritica e si impuntano come bambini capricciosi a cui viene negato un giocattolo nuovo.
È ben riuscita la scrittura del personaggio di Peng, irritante come un bambino viziato e pericoloso come un adulto vorace, e Fausto Cabra è bravissimo a tenere la scena.
Soprattutto nei momenti in cui i raccordi narrativi sembrano mancare di rodaggio la sua presenza scenica è il collante che permette a Peng di resistere alla forza centrifuga di tutto il caos messo in scena e di mantenere la barra dritta.
È una scommessa vinta quella del Teatro Vascello di aprire la stagione 2021/2022 con uno spettacolo di drammaturgia contemporanea a tratti anche disturbante, soprattutto per gli atti di mortificazione e violenza sulle donne, che costruisce davvero una “atroce metafora politica”.
Con la produzione e la messa in scena di Peng, la cui regia è affidata a un regista giovane seppur con diverse prestigiose collaborazioni in attivo, il Vascello dimostra di avere ancora una volta quel coraggio che in altre programmazioni troppo spesso latita.
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