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Midnight Mass: il trattato teologico di Mike Flanagan è quasi un capolavoro

Dopo The Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor, Netflix torna a produrre l’horror di Mike Flanagan e con Midnight Mass dimostra ancora una volta di avere un grande coraggio. Il risultato è una delle migliori serie dell’anno per la complessità della scrittura e per l’eccellenza di un cast in stato di grazia.

La storia

La vicenda si svolge nella piccola isola di Crockett, all’interno di una comunità di pescatori ferventi cattolici. 127 anime è tutto quello che rimane di un villaggio un tempo fiorente, cresciuto intorno alla chiesa di St. Patrick, guidata dal vecchio monsignor John Pruitt.

Gli sversamenti di petrolio nella baia, letali per l’industria ittica su cui si regge l’economia della comunità, e le allettanti possibilità offerte dal continente hanno svuotato l’isola disseminando ovunque case fatiscenti che i vecchi proprietari in fuga non hanno neppure tentato di vendere. La comunità è in pieno decadimento, economico e morale.

Questa è la desolante realtà che accoglie Riley Flynn (Zach Gilford), al suo ritorno nella casa di famiglia dopo aver scontato quattro anni in una prigione del continente. Condannato per aver ucciso una ragazza mentre guidava ubriaco al volante, Riley Flynn è ormai un’anima persa, senza prospettive né speranze per il futuro.

I flynn sono una delle poche famiglie rimaste sull’isola, il capofamiglia Ed (Henry Thomas) è un vecchio pescatore stanco e acciaccato. La moglie Annie (Kristin Lehman), come quasi tutti sull’isola, ha da tempo affidato alla chiesa e a dio tutte le sue speranze.

Della comunità fanno parte gli Scarborough, con la figlia paraplegica Leeza, la dottoressa Sarah Gunning (Annabeth Gish), l’insegnante Erin Greene (Kate Siegel), la severa e bigotta perpetua Bev (Samantha Sloyan) e lo sceriffo musulmano Hassan (Rahul Kohli), l’unico non cristiano del villaggio.

La desolante vita quotidiana della comunità è sconvolta dall’arrivo di un giovane prete, in temporanea sostituzione del vecchio monsignore affaticato da un lungo viaggio in Terra Santa. Padre Paul (Hamish Linklater), con le sue omelie appassionate e la sua presenza carismatica dona nuova speranza agli abitanti di Crockett Island. Soprattutto perché dopo il suo arrivo cominciano ad accadere eventi miracolosi.

Ma una presenza oscura si aggira nell’isola e mentre tutto il villaggio si esalta per il nuovo vigore spirituale, in Riley (che al contrario è profondamente ateo) comincia a sorgere qualche dubbio sulla bontà delle azioni di padre Paul.

Midnight Mass e la questione religiosa

Con Midnight Mass, l’ambiente cristiano cattolico e le sue interpretazioni più estreme si dimostrano ancora una volta terreno privilegiato per un certo tipo di horror. Quello che non cerca l’effetto a tutti i costi ma scava in profondità fino a indagare l’origine stessa del bene e del male.

Ovviamente, per chi è cresciuto in mezzo a quel tipo di immaginario religioso, la visione di Midnight Mass, così come fu per L’esorcista, risulta ancora più perturbante.

Al capolavoro di William Friedkin, Midnight Mass deve molto. Anche qui c’è la scoperta nel deserto, c’è il tormento del senso di colpa, c’è il dubbio, c’è la crisi spirituale e la lotta atavica tra il bene e il male. E c’è lo stesso interesse nell’indagine dei personaggi che latita spesso e volentieri nelle produzioni di genere.

Hamish Linklater nel ruolo di Padre Paul in una scena di Midnight Mass © Netflix

Flanagan si prende tutto il suo tempo per presentarci gli abitanti di Crockett Island e per offrirci la sua visione della fede. E se a volte esagera in verbosità, i suoi dialoghi non risultano mai comunque superflui. Raramente si ascolta in tv una serie di battute così ben scritte e ispirate. Un susseguirsi di parole perfettamente giustapposte, che escono dalla pagina e danno il senso del vero e sono in grado di toccare in profondità l’anima e la coscienza dello spettatore.

Per la serietà con cui Flanagan, che qui scrive, dirige e produce, tratta le questioni di fede e il confronto tra visione atea e religiosa del mondo, Midnight Mass si può davvero considerare una specie di trattato teologico. La Bibbia è la colonna portante di tutto il racconto. Ne vengono citati molti passaggi. Il personaggio di Beverly Keane parla praticamente solo in versetti.

La Bibbia scandisce gli stessi capitoli in cui è divisa la serie: sette (numero biblico) della durata di circa un’ora ognuno.

I titoli degli episodi sono tratti da alcuni dei libri che compongono le sacre scritture: Genesi, Salmi, Proverbi, Lamentazioni, Vangelo, Atti degli Apostoli, Apocalisse. Un passaggio da Antico a Nuovo Testamento che sottolinea il percorso verso una nuova alleanza teorizzato da padre Paul.

Il tema centrale della morte

La possibilità di conquistare la vita eterna sulla terra è la seducente offerta che padre Paul fa ai suoi fedeli. La morte è il grande nemico da sconfiggere. Essa è al centro della riflessione in Midnight Mass.

L’uomo ha creato la religione per vincere la paura della morte, ci dice l’autore, e il Cristianesimo è la religione che più di tutte ha lavorato su questo concetto e sul suo superamento. Il cardine di questa religione è un uomo che risorge dalla morte. Un evento contro natura.

Coloro che sono ossessionati dal superamento della morte la temeranno sempre. La morte non si può superare, ma accogliere come un naturale processo che ci restituisce all’universo di cui facciamo parte.

Questo è il manifesto laico di Mike Flanagan che ci consegna in un una sequenza del finale intensa e commovente.

Zach Gilford in una scena di Midnight Mass © Netflix

Midnight Mass e l’horror dell’anima

Chi si aspetta uno di quegli horror che ti fa balzare sulla sedia rimarrà deluso: Midnight Mass non cerca l’effetto. A Mike Flanagan interessa l’orrore dell’anima. Costruisce lentamente un’atmosfera pesante. Il terrore scorre sottilmente nella comunità di Crockett Island e si impossessa piano piano dell’intero villaggio fino a esplodere nell’apocalisse finale.

La fotografia generalmente fredda e cupa, che contrasta con il calore delle albe salvifiche, contribuisce a creare la sensazione di decadimento spirituale che pervade l’isola e i suoi abitanti.

Questo villaggio di pescatori, che ricorda certi scorci del Maine e ha il sapore della cosiddetta provincia americana, deve molto al paesaggio creato da Stephen King (e il re del brivido pare abbia molto apprezzato la serie).

L’elemento horror, anche se non manca la personificazione materiale, è affidato soprattutto agli occhi neri e spiritati di padre Paul e al fanatismo religioso della mefitica Beverly Keane. Hamish Linklater e Samantha Sloyan ci offrono due delle migliori prove attoriali viste in una serie televisiva negli ultimi anni.

Una scena di Midnight Mass © Netflix

Kate Siegel e Zach Gilford nell’interpretazione di Erin e Riley ci regalano due meravigliose anime dolenti. Il resto del cast, fino al personaggio più marginale, non è da meno. In Midnight Mass c’è una perfetta armonia tra gli attori e il bellissimo copione che Flanagan ha scritto per loro.

Durante i tanti, lunghissimi dialoghi e monologhi il regista inchioda la nostra attenzione sui personaggi con lente zoomate e cambi di inquadrature su diversi piani e con una varietà di obiettivi (interessanti i grandangoli utilizzati durante i dialoghi tra padre Paul e Riley nel centro ricreativo con quel pavimento geometrico dal sapore Lynchiano).

Insomma, a Midnight Mass non manca nulla per essere annoverata tra le migliori serie dell’anno. L’unica pecca, che in qualche modo ci fa mangiare la foglia già all’inizio, è il make-up, decisamente non all’altezza del progetto. Per il resto, verrebbe da scomodare la parola capolavoro.

Assolutamente da guardare.

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