PersonaggiAddio Cosimo Cinieri, omaggio alla sua storia di artista fuori dagli schemi

Addio Cosimo Cinieri, omaggio alla sua storia di artista fuori dagli schemi

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Cosimo Cinieri, uno degli attori che più di altri ha contribuito alla sperimentazione del teatro che negli anni ’70 usciva dalla tradizione per cercare nuove strade ci ha lasciati dopo una lunga malattia. Noto al grande pubblico come il Sig Balocco, grazie ad una fortunata serie di pubblicità, la sua vita lascia anche diversi insegnamenti che dalla cultura vanno verso le istituzioni e la politica culturale del nostro paese. Un omaggio di Moondo alla sua storia di artista fuori dagli schemi.

Caro Cosimo, 

L’ultima trovata che hai messo in campo ti è proprio riuscita. Alle 16 di qualche giorno fa hai deciso di lasciare questa terra per andare altrove ad offrire le tue capacità di attore e la tua curiosità intellettuale. Ho avuto l’onore, insieme ad altri, di renderti omaggio durante le esequie e proprio di fronte al tuo pubblico nella prestigiosa sala che il Campidoglio aveva dedicata a te ed alla tua memoria, sdraiato ai piedi di due ufficiali in alta uniforme che per conto del Comune di Roma scortavano il tuo passaggio, mi chiedevo quale potesse essere l’espressione del tuo viso. Il coperchio che chiudeva il tuo letto mi impediva la vista dei tuoi occhi e proprio per questo immaginarli è stato molto più facile. Una espressione certamente meravigliata e sottolineata dallo sguardo di eterno bambino che si guarda intorno per imparare quello che ancora non sa.

La tua trovata è stata geniale, oltre agli amici e ai colleghi sei riuscito anche a farti rendere omaggio dalle stesse istituzioni che da vivo ti consideravano un “rompicoglioni” fissato con la poesia, che si scansavano e non ti ricevevano per non riuscire a spiegare che non capivano e che oggi, da morto ti apprezzano per quello che noi sappiamo tu sei stato. Loro, tranquillizzati Cosimo, continuano e non capire, ma da morto non fai più paura. Almeno così pensano! Questo è il paese: morire ti rende grandi perché vivere è del mondo di chi è piccolo di idee e di visione. Allora muoio, devi aver pensato, così almeno per un giorno avrò la soddisfazione che quella porta sbattuta in faccia mi verrà spalancata a tutti gli onori.

Cosimo Cinieri
Cosimo Cinieri

Io ricordo invece la sperimentazione delle forme e dei linguaggi che facevi con Carmelo Bene nei teatri o nelle cantine della Roma degli anni ’70, una città viva e piena di cultura pulsante, un tempo in cui cosa andiamo a vedere? Sostituiva l’odierno n’do annamo a magna?. Ero studente e venivo a capire dove potesse andare a parare il teatro, la musica, il cinema nelle mani di una generazione che aveva cerato di sovvertire le regole di una tradizione imparata a costo di grandi sacrifici. Quella voglia di sperimentare è rimasta dentro di te fino all’ultimo giorno in cui ci siamo parlati, un giorno seguito dal grande silenzio. Le tua telefonate, puntuali come un orologio svizzero non arrivavano più.

Nemmeno rispondevi al telefono tanto che pensavo: sarà in tournée, fino a che Irma la tua compagna di una vita, non mi ha raccontato la verità. No, scusa, la realtà. Perché la verità era quella che finiva come una valanga sulle spalle dei bambini ammutoliti di fronte al tuo Canzoniere Italiano, mentre la realtà è banalmente quella di un certificato mancante nelle mani di un piccolo burocrate di provincia con il cervello a forma di timbro che cercava di mortificare la tua vita. Quello stesso che oggi dice agli altri: Cinieri era un grande attore, peccato sia morto prima del certificato. Lo hai fregato Cosimo, sei stato più bravo tu, alla fine lo ha dovuto dire pur rimanendo nella sua realtà di timbri inchiostrati o flag informatici.

La verità è quella che si palesa davanti ad ogni spettatore una volta che hai tolto ogni cosa intorno tranne l’immaginazione che tu eri proprio bravo ad alimentare ad ogni passo, la verità è l’illusione che sapevi costruire con quelle espressioni solo apparentemente dure, la verità era il tuo modo di dire agli studenti, per conto di Giacomo Leopardi, che solo l’immagine mentale è in grado di scavalcare quello che agli occhi è impedito per arrivare alla conoscenza che è un trauma, come diceva Aristotele, e non intrattenimento. Non posso dimenticare il tuo Ove per poco il cor non si spaura detto davvero con la paura negli occhi che diventava lo spavento dei tuoi piccoli spettatori nelle scuole a cui insegnavi che la poesia non è la sublimazione di una idea eterea, ma lacrime e sangue, e non facendo una lezione, ma rendendoli orgogliosi di tutto quello che il Canzoniere Italiano ha dato al pensiero e alla visione Europea. MI ricordo l’orgoglio con il quale mi leggevi i commenti degli studenti che ti ringraziavano per aver portato la poesia nella loro vita, volevi farne un libro, fallo. Facciamolo, racconta di te meglio di qualsiasi altra parola.

Quando venni a casa tua la prima volta a parlarti di un lavoro nel quale mi sarebbe piaciuto inserirti ti parlai della rivoluzione digitale e di come queste nuove possibilità di forma avrebbero potuto giovarsi del teatro come linguaggio. C’era Girone, Massimo Foschi, Valeria Ciangottini in quello spettacolo e mancavi tu nel ruolo di un servitore della fine del seicento. Forse sono stato irruento o frettoloso, forse troppo coinvolto, ti parlai delle tecnologie da usare e la tua risposta fu la somma di tutte le tue sperimentazioni intese come strategie di vita: Non ho capito niente, dicesti, per questo ho voglia di farlo.

Poi la nostra collaborazione andò avanti ed incontrammo la Fondazione della Camera dei deputati, per loro costruimmo il video che oggi sottopongo ai lettori di Moondo, un frammento di una grande mostra sui 150 anni del Parlamento Italiano in cui tu interpreti, senza essere altro che te otto o nove personaggi da Cavour a Calvino diventando ora politico, ora poeta in una carrellata che potrebbe essere il retro del tuo Canzoniere. Una grande Italia che oggi non esiste più. 

A proposito, se da dove sei ora ti capitasse di vedere i litigi e gli screzi che la politica offre agli occhi del mondo per pure senso di rissa e di disumanità affacciati ancora una volta e digli come ha fatto per anni: Fate i buoni magari ti dessero retta!!!!!

Ciao Cosimo


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