Sarà una felice coincidenza, ma nell’anno che celebra i duecento anni dalla morte di Antonio Canova (1757-1822) che si adoperò per riportare in Italia centinaia di opere d’arte razziate da Napoleone Bonaparte e finite al Louvre (ne ricostruisce le drammatiche vicende lo splendido e raffinato romanzo di Luca Nannipieri “Candore immortale”, Rizzoli Editore) giunge quanto mai opportuna la grande Mostra “Arte liberata 1937-1947 Capolavori salvati dalla guerra”, a cura di Luigi Gallo e Raffaella Morselli, organizzata dalle Scuderie del Quirinale in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà.
Visitabile fino al 10 aprile 2023, l’esposizione presenta oltre cento capolavori salvati durante la seconda guerra mondiale, oltre che un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro, riuniti grazie alla collaborazione di ben quaranta musei ed istituti.
La mostra vuole essere un omaggio alle donne e agli uomini che, nel contesto bellico, hanno interpretato la propria professione all’insegna di un interesse comune, coscienti dell’universalità del patrimonio da salvare.
Al centro del progetto espositivo l’azione di tanti Soprintendenti e funzionari dell’Amministrazione delle Belle Arti, spesso messi forzatamente a riposo dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, che, aiutati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si resero interpreti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale.
Tra questi, Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero, agente segreto e futuro ministro plenipotenziario incaricato delle restituzioni: persone che, senza armi e con mezzi limitati, presero coscienza della minaccia che incombeva sulle opere d’arte, schierandosi in prima linea per evitarla, consapevoli del valore educativo, identitario e comunitario dell’arte.
La mostra ricompone, quindi, la trama di un intreccio impaginato con molti fili: alcuni sono stati già raccontati, altri sono stati dimenticati e verranno riportati alla luce proprio in questa occasione; tutti costituiscono tasselli fondamentali per raccontare una storia eroica e, nella sua complessità, poco nota.
“Quello che è importante-tiene a precisare Mario De Simoni presidente delle Scuderie del Quirinale-è che si celebra un’identità civile e umana che trova radice nel patrimonio. Uomini e donne che agiscono e si muovono come spiriti nella notte per citare Lucio Battisti”.
Una narrazione dal ritmo incalzante e travolgente che si dipana grazie a oltre cento opere sopravvissute ai deliri della Seconda Guerra Mondiale e dei suoi spietati aguzzini, in virtù di filmati, documenti, fotografie (grazie all’Istituto Centrale per il Catalogo e all’Archivio Luce), sequenze di capolavori della cinematografia mondiale, come “Paisà” di Roberto Rossellini, con il Corridoio Vasariano degli Uffizi ancora ingombro di casse con opere d’arte, dal momento che “ogni prestito in mostra è strettamente ragionato all’interno di una vasta ricerca tra archivi e soprattutto di diari personali dei protagonisti”, come giustamente sottolineato da Mario De Simoni.
Dalla Danae di Tiziano alla Santa Palazia del Guercino, da il Cerbiatto di Ercolano, ambito da Goering, al Ritratto di Alessandro Manzoni di Hayez alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.
Emergono le Storie dei grandi Soprintendenti e Storici dell’Arte, civil servant nel senso più alto e nobile del termine, che anche a rischio della propria vita, misero in salvo il patrimonio storico-artistico della Nazione.
Un nome per tutti, Pasquale Rotondi (Arpino 1909 – Roma 1991)-che poi diventerà Direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro durante gli anni dell’alluvione di Firenze- il cui altissimo magistero viene ricordato ogni anno a Sassocorvaro dal prestigiosissimo Premio Rotondi “I Salvatori dell’Arte”, voluto dal giornalista Salvatore Giannella dal1997 nel nome del Soprintendente di Urbino che coordinò l’Operazione Salvataggio dei principali capolavori dell’arte italiana (7.821 pezzi, inclusi quelli delle Marche,secondo il recente conteggio finale effettuato dalla storica Anna Melograni) nel Montefeltro marchigiano durante la Seconda Guerra mondiale.
“Urbino era lontano da tutto-aggiunge Luigi Gallo-tra Sassocorvaro e Carpegna ricoverarono in tempi strettissimi, in alcuni casi poche ore, in altri impiegarono qualche settimana, oltre dieci mila pezzi, tra dipinti, libri, spartiti musicali, arazzi.
Tutte opere che, nell’inverno del 1943, vennero trasferite in Vaticano, considerato il luogo più sicuro in assoluto.
Mi sono sempre chiesto, senza mai però trovare una risposta sufficientemente soddisfacente, perchè mai la rai, Rai Fiction nello specifico, non abbia mai raccontato le straordinarie vicende di questi Uomini.
Tutto il materiale esposto in Mostra è stato amorevolmente e sapientemente ricollocato sulla base dei diari personali dei protagonisti, da Palma Bucarelli a Fernanda Wittgens, da Noemi Gabrielli a Jole Bovio, da Giulio Carlo Argan ad Emilio Lavagnino a Riccardo Siviero, il più grande agente segreto del patrimonio storico artistico nazionale, fotografato accantoalla Danae di Tiziano restituita all’Italia nel 1947.
Immenso il sentimento di gratitudine e riconoscenza che il Paese tutto deve a questi insigni Servitori dello Stato.
Che il loro esempio sia di monito alle generazioni più giovani, nel ritrovato valore dell’Arte elemento fondante la nostra stessa identità nazionale.
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