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Babylon Berlin 3 è una grande produzione, ma la serie si allontana dal noir e ne risente

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È appena terminata su Sky Atlantic la terza stagione di Babylon Berlin, la fortunata serie tedesca prodotta da Sky in collaborazione con X-Filme Creative Pool, Degeto Film e Beta Film. La serie, scritta e diretta da Tom Tykwer, Hendrik Handloegten e Achim von Borries è basata sui romanzi di Volker Kutscher e ambientata nell’affascinante Berlino della Repubblica di Weimar.

Un accenno al contesto storico di Babylon Berlin

Frettolosamente indicato come quel breve periodo dopo la Grande Guerra durante il quale la Germania si preparava all’ascesa di Hitler, in realtà i 14 anni della Repubblica di Weimar furono molto più ricchi e complessi di quanto comunemente si pensi e videro la nascita del primo esperimento di Repubblica democratica in Germania, fondata su una Costituzione considerata tra le migliori mai elaborate. (Tra i principi cardine di questa costituzione c’era il suffragio universale maschile e femminile, l’adozione di un sistema proporzionale, la libertà di pensiero, di parola e di stampa e la libertà di associazione.)

La Repubblica nacque in un momento di grande tensione sociale, stretta tra le spinte rivoluzionarie dei  comunisti della lega spartachista e le spinte nazionaliste capeggiate dagli alti comandi militari, che non si rassegnavano alle disposizioni del Trattato di Versailles e consideravano le politiche conciliatrici del nuovo governo come una pugnalata alla schiena della grande nazione germanica.  Questo contesto politico segnato spesso da episodi drammatici fu terreno fertile per una straordinaria fioritura di tutte le arti: dal design e l’architettura della Bauhaus (fondata proprio nel 1919 a Weimar) al teatro di Brecht, dal grande cinema espressionista tedesco alla letteratura di Thomas Mann. Una stagione culturale di grande vivacità comunemente identificata con il termine unificante di “Cultura di Weimar”.

I fatti narrati nelle prime due stagioni di Babylon Berlin (che in realtà rappresentano un corpo unico, poi diviso in due stagioni) si svolgono nella primavera del 1929, al termine di un quinquennio di relativa stabilità dovuta principalmente all’abilità dell’allora ministro degli esteri Gustav Stresemann, che lavorò abilmente per ridare alla Germania un posto tra le grandi potenze del mondo, dopo il pesante ridimensionamento subito con il Trattato di Versailles che chiuse la prima guerra mondiale. Nelle prime due stagioni si rivive lo spirito, così come le contraddizioni, di una Berlino che allora rappresentava una delle città più eccitanti del mondo, tra povertà estrema e notti folli nei cabaret.

Nella terza stagione si cambia registro: siamo negli ultimi mesi del 1929, nei giorni che anticipano il crollo di Wall Street del 29 ottobre e l’inizio della grande depressione che investì Berlino con una potenza devastante. Per capire come mai il crollo della borsa di New York abbia avuto ripercussioni così gravi in Germania bisogna tenere in considerazione che fu l’America a sostenere la Germania nel pagamento delle enormi spese di ricostruzione che le potenze vincitrici del primo conflitto mondiale imposero alla grande sconfitta. In seguito al crollo di Wall Street, gli Stati Uniti ritirarono i propri capitali sprofondando la Germania in una grave crisi economica. Una crisi che giocò un ruolo fondamentale per l’ascesa del Nazionalsocialismo.

Ed è proprio il crollo della borsa (anche se nella narrazione si inserisce come un flashforward) che apre la terza stagione e che detta l’atmosfera, più austera rispetto alle prime due stagioni, dei 12 episodi.

Babylon Berlin 3: breve riassunto della trama

La vicenda ruota attorno a all’omicidio compiuto da un misterioso assassino ai danni della prime attrice di un musical destinato a diventare il primo film sonoro tedesco, la cui produzione si svolge nei famosi stabilimenti di Babelsberg. Il film è finanziato da Edgar Kasabian “l’armeno” (Misel Maticevic) e dal suo socio in affari appena uscito di prigione Walter Weintraub (Ronald Zehrfeld). I due hanno il sospetto che qualcuno stia cercando di sabotare i loro affari.

Il caso viene affidato congiuntamente a Gereon Rath (Volker Bruch), aiutato dalla neoassistente di polizia Charlotte Ritter (Liv Lisa Fries), e al commissario Böhm (Godehard Giese) che si avvarranno per la sua risoluzione anche di metodi poco ortodossi come sedute spiritiche e telepatia, guidati dal dott. Anno Schmidt/Rath (Jens Harzer).

Intanto, continua l’ascesa del partito nazionalsocialista che fa pressioni, attraverso il nuovo questore Wendt (Benno Fürmann), sulla giovane Greta Overbeck (Leonie Benesch) perché si assuma interamente la responsabilità dell’omicidio del questore Benda e della figlioletta coprendo i veri esecutori. Wendt e gli alti comandi militari si riuniscono per discutere di come riuscire a riportare i conservatori al governo del paese. Il miliardario Alfred Nyssen (Lars Eidinger), che nel frattempo si prende cura di Helga Rath (Hannah Herzsprung) ospitandola in una lussuosa suite, si propone di aiutare la causa raccogliendo capitali da investire in borsa scommettendo sul suo crollo imminente.

I personaggi

Intorno alla vicenda principale, come nelle prime due stagioni, si intrecciano diverse storie parallele confermando l’impianto spiccatamente corale della serie. Un ricco cast guidato da Volker Bruch e dalla splendida Liv Lisa Fries, capace di farti innamorare della sua Charlotte Ritter, ambiziosa e dolce, fragile e al tempo stesso audace, coraggiosa e spesso estrema. Uno dei personaggi meglio riusciti dell’intera serie che purtroppo, in questa stagione, sembra accusare la perdita di alcuni dei protagonisti a cui ci eravamo ormai affezionati, in particolare del questore Benda (Matthias Brandt) e soprattutto di Bruno Wolter. Il collega di Rath nelle prime due stagioni era un personaggio davvero ben scritto, mai monolitico anzi molto complesso, capace di grandi gesti di generosità come di soprusi e violenze, magnificamente interpretato da Peter Kurth.

Charlotte Ritter
Liv Lisa Fries

In questa terza stagione si è dato maggiore risalto alla figura dell’armeno e soprattutto a quella del questore Wendt, e si sono introdotte nuove figure come quella di Weintraub, ma nessuna di loro sembra colmare il vuoto lasciato da Benda e da Wolter. Si ha come la sensazione che alcuni dei nuovi personaggi, come la figlia del generale Seegers, Marie-Louise (Saskia Rosendahl), siano stati introdotti solo per far procedere l’intreccio, e questo svela l’artificio della scrittura. Mentre i personaggi, come si suol dire, dovrebbero schizzare fuori dalla pagina e illudere il pubblico di avere una vita propria.

Uno dei personaggi più riusciti delle prime due stagioni è stato il giovane assistente Stephan Jänicke (Anton von Lucke), innamorato di Charlotte e capace di leggere le labbra perché figlio di due sordi. Il fatto che lui sapesse leggere le labbra è stato fondamentale per il procedere della storia ma allo stesso tempo, mostrandoci il suo rapporto con gli anziani genitori sordi, gli autori ci hanno regalato delle scene di memorabile tenerezza. Ecco, alla scrittura di questa terza stagione sembra mancare questa sensibilità, essa appare meno attenta allo spessore dei personaggi e più concentrata a costruire l’impianto di un giallo.

In effetti, mentre nelle prime due stagioni spiccavano le tinte noir, qui la narrazione assume più i tratti del giallo concedendo anche maggiore spazio alle tecniche investigative della Sezione Omicidi di Berlino guidata da Ernst Gennat (“il Buddha”, uno storico criminologo che ha realmente guidato la Polizia Criminale di Berlino per trent’anni, qui interpretato da Udo Sabel) e ai suoi metodi scientifici. Probabilmente in questo cambio di atmosfera pesa anche l’evoluzione del protagonista Gereon Rath che qui appare più controllato (lo notiamo subito nel primo episodio perché non ha più i tremori) mentre erano i suoi tormenti, i suoi incubi, la sua dipendenza dai farmaci, a renderlo un perfetto antieroe da racconto noir.

Ritratto di un mondo che cambia

Anche nell’impianto visivo la terza stagione perde un po’ del fascino che ci aveva fatti innamorare all’inizio. Le follie notturne al Moka Efti a base di champagne e al ritmo di Zu Asche zu Staub, vengono sostituite dai più pacati pomeriggi al Romanisches Café (vero ritrovo dell’epoca per artisti e intellettuali con le sue “piscine per nuotatori” e “piscine per non nuotatori”). Alle strade berlinesi piene di prostitute grasse e vecchie e di tossici reduci della Grande Guerra, subentrano gli studi cinematografici di Babelsberg dove Fritz Lang girò Metropolis.

Usando un termine improprio ma che forse rende l’idea, si ha l’impressione che Babylon Berlin si sia lievemente imborghesita, mentre uno dei suoi punti forti era proprio il suo mostrare un ambiente sfrenato e decadente, pieno di miseria e di eccessi, abitato da una umanità che inconsapevolmente si preparava a vivere i suoi anni più bui. Probabilmente era nel disegno dei creatori questo cambiamento di tono per sottolineare il momento di svolta che la capitale tedesca conobbe proprio alla fine di quell’anno, con la crisi economica e la morte di Stresemann, ma nel passaggio si è perso qualcosa. “È tempo che l’arte cinematografica affronti la vita reale” viene detto da uno dei personaggi secondari della serie e la battuta appare, col senno di poi, quasi un manifesto programmatico. L’espressionismo è finito, avanza il razionalismo e con esso la tecnica, si sottolinea il rapporto uomo-macchina già indagato da Metropolis nel 1927, a cui il musical che l’armeno produce si ispira palesemente.

Una scena di Babylon Berlin 3

Nel fornire il ritratto di un’epoca, nell’attenzione ai mutamenti sociali e culturali che si verificarono in quella stagione decisiva della storia europea, Babylon Berlin si conferma una produzione unica, con un grande lavoro nei costumi e nella scenografia e un’attenzione ai dettagli che è balzata agli occhi fin da subito (basta guardare la grafica della sigla iniziale). La serie intende ricostruire alcuni passaggi fondamentali, soffermandosi su alcune notizie storiche (come il coinvolgimento della Lufthansa nel potenziamento dell’aviazione tedesca proibito dal trattato di Versailles). In questa terza stagione l’avvento del nazismo non è più un fantasma che aleggia sulla città come un presagio di morte ma un evento le cui modalità di sviluppo gli autori ci “apparecchiano” fin troppo bene, rischiando di irrigidire il racconto. Questi elementi si intrecciano nelle pieghe di un giallo dagli sviluppi un po’ forzati e dalla risoluzione poco convincente: Babylon Berlin funziona molto meglio come noir.

Uno dei grandi pregi della serie è la colonna sonora firmata dallo stesso Tom Tykwer e da Johnny Klimek, che anche in questa stagione, nonostante non si avvalga più della collaborazione di Bryan Ferry, si conferma il suo punto forte, in grado di farci assaporare, con echi di Kurt Weill, le atmosfere di una Berlino che di lì a breve sarebbe scomparsa per sempre travolta dall’oscurantismo di Hitler.

Conclusioni

È chiaro che si sono fatte le pulci a una serie che resta di grandissima qualità, una delle migliori nella produzione europea degli ultimi anni (è anche la serie tedesca più costosa mai realizzata), ma è proprio perché ormai ci ha abituati a un livello molto alto che siamo qui a puntualizzare i difetti della terza stagione.

Restano comunque alte le aspettative per la quarta, già confermata, anche perché molte cose sono rimaste in sospeso. Staremo a vedere.

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