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Favoloso Calvino

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“Il cervello comincia dall’occhio, scriveva Italo Calvino (Santiago de las Vegas, 1923-Siena, 1985) e mai frase potrebbe essere più calvinianamente esaustiva per rendere le finalità della stupenda Mostra “Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, De Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri”, Scuderie del Quirinale, dal 13 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024, curata da Mario Barenghi, docente di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università di Milano Bicocca e tra i massimi studiosi dell’opera dello scrittore.

Nel contesto delle celebrazioni per il centenario della nascita di Italo Calvino, le Scuderie del Quirinale, la Casa Editrice Electa con Ales S.p.A. hanno realizzato un Evento che si ripromette-riuscendoci egregiamente-non solo di rappresentare visivamente l’universo dello scrittore italiano del ‘900 più tradotto al mondo, ma che soprattutto consente di arrivare attraverso le immagini, i quadri, le fotografie, le opere d’arte figurativa alla comprensione dei testi in forma più articolata.

“Il punto di partenza – spiega Mario Barenghi – è un’immagine ‘nata chissà come’ – che si porta dietro a volte per anni; a poco a poco dall’immagine comincia a dipanarsi una storia, che gradualmente dispiega significati inattesi e acquista senso. Più tardi, a innescare la fantasia calviniana saranno fattori diversi: le teorie cosmologiche, gli arcani dei tarocchi, oggetti d’uso quotidiano. Costante rimane però l’avvio da uno spunto visuale, di cui il lento lavoro della scrittura rivela le potenzialità dandogli forma di racconto”.

Con più di 400 prestiti, la Mostra propone, attraverso un percorso tendenzialmente cronologico, i caratteri e l’evoluzione dell’immaginario calviniano dagli anni di formazione e dalle prime prove agli anni della maturità artistica, fino ai tanti progetti lasciati in sospeso.

Due fondamentali premesse alla Mostra: la prima consiste nel riferimento lungo la cordonata al testo del 1971 Dall’opaco, che offre una suggestiva stilizzazione del paesaggio originario di Calvino; la seconda, nella sezione 1, promuove l’immagine della foresta aquale emblema dell’intera opera calviniana, grazie all’installazione di Eva Jospin Forêt Palatine.

Così che poi, di sezione in sezione, Favoloso Calvinodal titolo dell’articolodi Gore Vidal pubblicato sulla New York Review of Books del 1974, in merito aCittà invisibili”-non tradisce mai lo spirito dell’Autore in virtù di un raffinato esercizio di avvicinamento all’immaginario calviniano, non a caso filtrato attraverso il suo rapporto con le arti visive.

Nella sezione 2 testi e materiali che documentano l’attività dei genitori di Calvino nei campi della botanica, della floricoltura e dell’agronomia dialogano con riferimenti al cinema degli anni Trenta, oggetto di culto da parte del giovane Italo.

L’installazione di Emilio Isgrò sulla Formica argentina, al centro della sala,  funge da ponte tra un fenomeno reale e la sua futura trasfigurazione letteraria.

La partecipazione alla Resistenza e la scelta della militanza politica nel PCI sono argomento della sezione 3, in cui risaltano l’intensità e la durezza dell’esperienza vissuta da Calvino nell’ opera di Giuseppe Penone.

Alle prime esperienze letterarie di Calvino e alla sua colloborazione con l’Editore Einaudi di Torino,

di cui sarà per decenni una delle colonne portanti, è dedicata la sezione 4.

L’arazzo millefiori di Pistoia, capolavoro dell’arte rinascimentale in cui lo sguardo s’immerge e si smarrisce, come i personaggi dei romanzi cavallereschi in cerca di avventure, accoglie i visitatori nella sezione cinque, dove si affronta uno degli aspetti più caratteristici dell’attività calviniana, l’oscillazione e la commistione fra un’istanza realistica e una fantastica o fiabesca.

Le immagini della Torino industriale esposte sull’altro lato intendono rappresentare sia i ripetuti e vani tentativi di Calvino di scrivere un grande romanzo sull’Italia degli anni Cinquanta, sia i riferimenti alla contemporaneità che si leggono comunque in filigrana anche nelle opere dove l’immaginazione sembra più sbrigliata.

All’armatura quattrocentesca prestata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, a simboleggiare l’icasticità delle invenzioni calviniane fa riscontro il travaglio della scrittura, soprattutto nelle opere d’impianto realistico, qui esemplificato da alcune pagine dell’autografo della Speculazione edilizia conservato al Centro manoscritti di Pavia.

Da qui in avanti, alla sequenza cronologica si sovrappone un’articolazione tematica, legata sia a necessità espositive, sia all’oggettiva compresenza nella produzione calviniana di filoni diversi, dal momento che  Calvino era abituato a lavorare contemporaneamente su più tavoli, e che la successione delle opere pubblicate non sempre rispecchia l’ordine di composizione.

La sezione 6 è dedicata alla Fiabe, spaziando dalla raccolta Fiabe italiane del 1956 alle favole di Esopo per Valerio Adami fino al mai realizzato progetto del Teatro dei ventagli (Fiabe bianche) concepito con Toti Scialoja.

Per Calvino l’Arte fu sempre un’inesauribile miniera di ispirazioni e la gamma dei riferimenti è quanto mai ampia, comprendendo sia le scelte di copertina dei libri (mai casuali, mai secondarie, specie nel caso degli amati Klee e Picasso), sia gli scritti dedicati a singoli artisti (Carlo Levi, Giorgio de Chirico, Domenico Gnoli, Luigi Serafini, Enrico Baj, Tullio Pericoli e tanti altri), sia i casi in cui è proprio un modello visuale ad alimentare la creatività (come accade con Fausto Melotti, Giulio Paolini, Saul Steinberg): mentre, sul versante opposto, si registrano le opere e le installazioni direttamente ispirate ai suoi libri, come gli acquerelli di Pedro Cano sulle Città invisibili, il “veridico ritratto del signor Palomar” di Daniel Maja, Calvino di Richard Serra.

L’interesse di Calvino per l’astronomia, la geografia, la cartografia è il tema della sezione 7 dedicata all’esperienza dei racconti cosmicomici, e più in generale.

Fra i pezzi esposti spiccano la mappa lunare di Gian Domenico Cassini e la rappresentazione del Mediterraneo del trecentista Opicino de Canistris, di cui si parla in Collezione di sabbia.

L’immaginazione cosmicomica calviniana si ritrova anche nell’antica , mai smentita attrazione per la forma del fumetto e la grande libertà inventiva, la commistione fra diversi piani del reale, ben presente anche nell’installazione di Mark Dion (vicino a Calvino anche per l’istanza archeologica ed enciclopedica).

“Il castello dei destini incrociati” è al centro della sezione 8, dove sono esposti documenti sui rapporti con il gruppo parigino e con Raymond Queneau, l’unico scrittore straniero di cui Calvino abbia tradotto un’opera.

Oltre ai tarocchi quattrocenteschi prestati dall’Accademia Carrara, la presenza di maggior impatto è senza dubbio il San Giorgio dalla grande tela del Carpaccio, figura che Calvino accosta a quella di San Girolamo in un rapporto fatto insieme di opposizione e reversibilità.

Alle “città invisibili’ è dedicata la sezione 9, in cui campeggia un’opera di Fausto Melotti, artista al quale Calvino dichiara esplicitamente di essersi ispirato per la serie della ‘città sottili’.

In Mostra anche le città di De Chirico e di Borbottoni, le pietre di Magnelli, la grande scacchiera di Enrico Baj. A partire dagli anni Settanta Calvino dedica parecchie energie alla forma della descrizione (un impegno che culmina in Palomar) e nello stesso tempo compie importanti viaggi.

Particolare rilievo hanno nella sezione 10 le opere di Domenico Gnoli (su cui Calvino scrive in uno dei suoi numerosi contributi alla rivista di Franco Maria Ricci «FMR») e immagini del Messico, del Giappone, di New York.

Il tema dell’ultima sala (Cominciare e ricominciare) ricorda soprattutto Se una notte d’inverno un viaggiatore ma anche tutti i  nuovi progetti che Calvino aveva in cantiere al momento della sua scomparsa. Una nuova opera di Giulio Paolini, concepita appositamente per questa occasione, focalizza lo sguardo di Calvino, che rappresenta il filo conduttore della mostra. Imparare a guardare con occhi diversi è il presupposto per cambiare il mondo – o quanto meno, per salvaguardare la capacità di farlo.

Il viaggio nell’universo calviniano accompagna i visitatori anche fuori: infatti, una volta usciti dalle Scuderie del Quirinale, lungo via XXIV Maggio nelle ore serali da domenica 15 ottobre, giorno in cui Calvino avrebbe compiuto cent’anni, sarà accesa Palomar, l’opera di luce che Giulio Paolini ha dedicato nel 1998 a Italo Calvino e al suo doppio, Palomar appunto, funambolo nel cosmo celeste. Eccezionale prestito della Fondazione Torino Musei e del Comune di Torino, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale con il supporto tecnico di Areti, società del Gruppo ACEA.


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