Dal 24 al 27 settembre a Verona per Marmomac, arriva il primo “Robot Primitivo” di Marco Marchese Borrelli, un’opera scultorea innovativa, realizzata interamente con l’ausilio di robot, che celebra il cinquantesimo anniversario del ritrovamento dei Giganti di Mont’e Prama.
La scultura esplora il rapporto tra intelligenza artificiale e rappresentazioni primigenie, proponendo una visione non-distopica del futuro. Abbiamo intervistato l’artista, Marco Marchese Borrelli, per conoscere e scoprire da “retroscena” del progetto, con le sue implicazioni artistiche e tecnologiche.
Hai iniziato il tuo percorso artistico esplorando la musica etnica e il cantautorato. Come si è evoluto il tuo linguaggio fino a includere l’intelligenza artificiale e la scultura interattiva?
Il percorso che ho intrapreso, ha sempre riguardato da vicino l’indagine sull’ Io e gli esseri umani. Cosa altro non siamo se non macchine biologiche, incompiute e piene di bug. Con tutto ciò che la genetica e le neuroscienze cercano di spiegare oggi, ci sarebbe da scrivere libri, canzoni, più che saggi scientifici. L’ A.I. procede per forme di apprendimento basate sul metodo empirico. Può sbagliare si, però, solo la prima volta. Se deve mettere un oggetto di forma triangolare nell’apposita fessura, dopo aver provato ad inserirlo nella fessura quadrata ed in quella circolare, senza successo, proverà finalmente ad inserire l’oggetto nella fessura triangolare e vi riuscirà. Dopodiché, le prossime volte andrà dritta alla soluzione appresa nella precedente esperienza. L’essere umano commette l’errore di ripetere lo stesso errore, a volte anche più di una volta. In questo risiede il suo fascino. La capacità di evitare di commettere lo stesso errore, è la bellezza ed il fascino del Robot.
- Il progetto Robot Primitivo sembra unire molte delle tue passioni: arte visiva, musica, tecnologia. C’è un filo conduttore che lega tutti questi linguaggi?
La mia ricerca artistica si riconduce alla Media Arte, dove la tavolozza è rappresentata appunto dai media ed il pennello è la sola immaginazione. Credo che le forme d’arte siano strettamente correlate tra loro. Nella cultura ellenica la “Mousiké”, rappresentava varie forme d’arte, non solo la musica, ma anche la poesia, la danza etc. La scultura però, essendo un gesto fisico, non veniva annoverata tra le arti delle Muse. La testa del Robot Primitivo è stata scolpita da un Robot. La parola robot, usata per la prima volta nel romanzo R.U.R. di Karel Capek, non significa altro che “servo”. L’immagine di un robot che scolpisce e tira fuori da un blocco di marmo di Carrara, il volto e l’immagine di un suo simile, ha commosso me e la sensibilità imprenditoriale di Davide Silvestri, CEO della Silvestri Art&Design che ha poi reso possibile questo gesto creativo.
- Nel tuo lavoro sembri sempre cercare un equilibrio tra tradizione e innovazione. Come riesci a mantenere viva questa tensione creativa tra passato e futuro?
La dicotomia “tradizione e innovazione”, diventa una sintesi simbiotica nel Robot Primitivo, personaggio ispirato alle figure nuragiche dei Giganti del Mont’e Prama. Credo che molte delle innovazioni del passato, si siano perse nel limbo della tradizione orale. Esistono delle presenze fisiche di quanto avanzate e tecnologiche, fossero le civiltà del passato. Penso alla Macchina di Anticitera, arcaico ed ancestrale computer che probabilmente serviva per calcolare le fasi lunari e non solo. Ecco, insomma la tensione creativa è tenuta in vita da una spropositata curiosità. Soprattutto nei confronti del genere umano.
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