Nella ricca bibliografia dedicata al romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vincitore del Premio Strega nel 1958, il recentissimo saggio “Il mondo decadente del Gattopardo: Sicilia, sicilianità e storia d’Italia nel romanzo e nel film” di Edvige Gioia, Ali Ribelli Editore, ha indubbiamente il merito di analizzare con un approccio pluridisciplinare il famoso romanzo di Lampedusa che rappresentò, dopo la pubblicazione avvenuta postuma nel 1958, un vero e proprio caso letterario e di descrivere il percorso che porta dal romanzo al celebre film di Luchino Visconti. Film apparentemente fedele al testo di Lampedusa ma in realtà ideologicamente lontano, rivisitato a cinquant’anni dalla sua uscita sugli schermi cinematografici. Emerge dal saggio, con la sua levatura morale e la sua visione funebre della vita, la figura del principe di Salina che rappresenta una classe sociale in decadenza, quella dell’aristocrazia siciliana, poi soppiantata da un nuovo ceto che si rivelerà anche peggiore del precedente, in una Sicilia “irredimibile” vista come metafora del mondo.
“Il mondo decadente del Gattopardo: Sicilia, sicilianità e storia d’Italia nel romanzo e nel film”
Scrive l’Autore: “Il Gattopardo si presenta come un’opera di grande poesia, rivelandosi al contempo un miracolo di seduzione per l’atmosfera, gli ambienti, i personaggi che sono entrati nell’immaginario collettivo. Anche alcuni giudizi storico-politici continuano ad affascinare, contribuendo ad amplificare il suo successo e a spiegare la realtà politica attuale. Se pensiamo alle condizioni dello scrittore nel dopoguerra, ci rendiamo conto che si sentiva veramente l’ultimo di un casato: il palazzo di famiglia distrutto dai bombardamenti, le ristrettezze economiche, la mancanza di un figlio, tutto gli fa percepire in modo netto il proprio destino. Si aggiunga a questo la coscienza ancora incerta del proprio talento, perché a sessant’anni non aveva ancora concluso niente, le liti familiari per la divisione dell’eredità del bisnonno astronomo, la sensazione della fine della sua epoca e della sua famiglia. Proprio in questo consiste l’originalità di un romanzo, quella che lo rende un caso eccezionale nel panorama dei romanzi storici, cioè il ripensamento dell’ultimo superstite di un casato destinato a scomparire per sempre. Il quadro storico in cui si colloca il romanzo è quello della fine del regno delle due Sicilie e dell’inizio dello stato italiano unitario. La Sicilia diventa il punto di osservazione di ciò che accade in Italia: dalla spedizione dei Mille nel 1860 al ritorno di Garibaldi nel 1862 nel tentativo, non riuscito, di realizzare, con la presa di Roma, difesa dalle truppe francesi di Napoleone III°, l’unità d’Italia, fino alla costituzione del nuovo stato unitario. La storia, la grande storia, viene raccontata dal punto di vista del principe di Salina, protagonista del romanzo, e nel contempo rappresentante dell’aristocrazia siciliana che è vista come una classe sociale in declino di fronte all’ascesa della nuova classe, la borghesia terriera, costituita dagli ex contadini destinati a diventare i nuovi padroni… Il romanzo racconta quindi la storia di un grande cambiamento, di una trasformazione politica e sociale che, nell’arco di un decennio, vide l’Italia diventare una nazione e riunificare la maggior parte del suo territorio. Rispetto all’epoca precedente che in Sicilia era ancora caratterizzata da rapporti di tipo feudale, l’organizzazione sociale era apparentemente cambiata. In realtà erano cambiati solo i nomi, mentre la sostanza era rimasta immutata. Il romanzo quindi affronta anche il tema dell’impossibilità reale del cambiamento, dell’immobilismo storico, della difficoltà di avviare un processo di democratizzazione del paese e del blocco che le forze conservatrici ponevano rispetto ad ogni tentativo di reale normalizzazione democratica”.
L’Autore dedica ampio spazio all’analisi del film che Visconti realizzò nel 1963, a pochi anni dall’uscita del romanzo che aveva suscitato un lungo dibattito tra i critici che l’avevano da subito apprezzato e quelli che l’avevano bollato come reazionario, come un’opera di destra che non crede nel progresso e nella storia. A lungo si parla di Sicilia e del concetto di sicilianità, sottolineando il suo particolare carattere di insularità e la sua” irredimibilità”. L’autore si sofferma sul tentativo fatto da Visconti di inserire il romanzo nel corso della storia, con una visione marxista, evidenziando il ruolo che nel processo unitario ha avuto il popolo che ha combattuto sulle barricate per liberare la città di Palermo. Un “tradimento”, quello di Visconti nel confronto di Tomasi di Lampedusa, che fa riferimento all’interpretazione storica dei fatti, ma non allo spirito del romanzo e dell’autore, a cui invece Visconti aderiva in pieno.
Nel 1996, in occasione del Centenario della nascita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ebbi modo di realizzare uno Speciale di Videosapere Rai dal titolo “Giuseppe Tomasi di Lampedusa: l’ultimo Gattopardo”, con interviste al figlio adottivo dello scrittore, Gioacchino Lanza Tomasi, al Prof. Francesco Orlando, insigne francesista teorico freudiano della letteratura e “allievo” dello scrittore, al Barone Francesco Agnello, amico del Principe e tra i primi a poter leggere il romanzo, nonché a Claudia Cardinale, la mitica “Angelica” del capolavoro di Luchino Visconti, intervistata per l’occasione nel Salone del Basile del Grand Hotel Villa Igiea di Palermo, dove all’epoca alloggiava il Cast del film e dove ogni giorno Luchino Visconti leggeva agli attori la sceneggiatura, impartendo ferree indicazioni di regia.
Fu un’esperienza unica ed emozionante al tempo stesso, arricchita per altro dalla possibilità di poter utilizzare ampie sequenze del film di Luchino Visconti, esclusivamente ed eccezionalmente concesse per la circostanza dal produttore Goffredo Lombardo della Titanus Film.
In quella circostanza Gioacchino Lanza Tomasi, intervistato a New York dove dirigeva l’Istituto Italiano di Cultura, ebbe a dichiarare: “Se fosse vissuto, Lampedusa avrebbe certamente beneficiato, in primo luogo economicamente, era un uomo in grandi ristrettezze economiche, del successo. Avrebbe avuto una dimestichezza e dei contatti con il mondo letterario che l’avrebbero reso molto felice. Insomma avrebbe conosciuto…un uomo che non conosceva il mondo, l’esterno, che si era, per esempio, ritirato sconfitto nella sua città di nascita, e sarebbe riemerso. Questo certamente sarebbe stato per lui un motivo di speciale gioia. Ma era anche un uomo, non solo più anziano fisicamente, ma più anziano anche nel senso che aveva la morte sul collo, a sessant’anni, lui è morto a sessant’anni, e quindi non sarebbe stato un tuffo, non è che avrebbe rinunciato, era un uomo che aveva consumato la propria vita”.
Altra significativa testimonianza su Giuseppe Tomasi di Lampedusa e sulle affinità tra lo scrittore e Don Fabrizio Salina fu quella rilasciatami dal Prof. Francesco Orlando, insigne francesista e teorica freudiano della Letteratura, purtroppo scomparso nel 2010: “Bisogna cercare un rapporto di opposizione, un rapporto caso mai di complementarietà per opposizione. In parole più semplici: Don Fabrizio è il contrario di Lampedusa e Lampedusa era il contrario di Don Fabrizio. Mi spiego: Lampedusa era un uomo che al titolo nobiliare, per lui importantissimo, non vedeva più corrispondere nessuna realtà di potere, di comando, quasi nemmeno di agiatezza economica, di privilegio economico effettivo. Faceva una vita abbastanza in ristrettezze. Don Fabrizio, per quanto sull’orlo del declino, per quanto sia sbarcato Garibaldi e si avvicini il tramonto dei Borbone e di tutto un mondo, pur tuttavia Don Fabrizio è ancora ricchissimo, potentissimo, autorevole, è un personaggio che comanda”.
A distanza di 23 anni, quello Speciale viene ancora replicato dalla Rai e richiesto da molte Università di tutto il mondo, a riprova di quanto “Il Gattopardo”, romanzo e film, siano capolavori assoluti, ancora attuali e capaci di emozionare e far riflettere nei nostri travagliatissimi anni.
Da ultimo desidero complimentarmi con l’Autore Edvige Gioia per questo su ultimo saggio, che si legge tutto d’un fiato, ricordando che è nata a Formia nel 1949, è stata insegnante di Lettere nella scuola media e poi dirigente scolastico fino al 2006. Laureata in Lettere e Scienze dell’Educazione, cultrice della materia di Psicologia dell’Arte e della Letteratura presso L’Università di Cassino e del Lazio meridionale, ha pubblicato quattro saggi e quattro romanzi. Nel primo saggio, edito da Rubbettino nel 2013, “Luis Bunuel. Dio, la donna e l’enigma”, l’autrice ha approfondito alcune tematiche della filmografia bunueliana. Ha pubblicato con Aracne Editrice gli altri saggi: “Anna Karénina: un amore, una vita”, “Il mito di Dracula. Dall’oscurità delle origini, ai meandri dell’inconscio, al buio della sala cinematografica” Ha poi pubblicato con NarrativaAracne, i suoi romanzi: “Gli occhi di Anna”, “A ritroso” e “Somnium”. Infine nel 2016, con la casa editrice Ermes, “Elogio del caso”.
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