EditorialeIntervista a Lady Tabata, ovvero Barbara Delmastro Meoni

Intervista a Lady Tabata, ovvero Barbara Delmastro Meoni

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Già protagonista di un fumetto, dopo essere stata disegnata nel 2014 anche dal grande Milo Manara, l’11 maggio Lady Tabata sarà in tutte le migliori librerie con il libro biografia “Lady Tabata. La regina della notte”.

Lady Tabata
Lady Tabata

Un’eroina dei tempi moderni Barbara Delmastro Meoni, in arte Lady Tabata, che di giorno combatte la violenza, in particolare quella sulle donne, gli abusi e le dipendenze attraverso il fumetto a lei ispirato, mentre dopo il tramonto diventa una vera e propria regina della notte e del divertimento nella sua discoteca a Sestriere. Una carriera iniziata a soli 16 anni sfilando sulle passerelle delle maison di moda, lasciata poi per seguire una passione ancora più grande: la musica. Dopo essere quindi diventata un’icona del sano divertimento in discoteca Barbara, insieme al suo alter ego Lady Tabata, è stata addirittura premiata quale docente di educazione civica al divertimento e icona della notte italiana nel mondo da “International Nightlife Association”. Le sue battaglie sociali, il successo del suo alter ego e il desiderio di costante di comunicare con i giovani, raccontati da Barbara Delmastro Meoni nella seguente intervista.

Come è nata l’idea di pubblicare una biografia?

Un giorno come tanti ho acceso il pc e navigando tra i miei profili social, mi sono accorta di aver ricevuto un messaggio da parte di un editore, il quale spiegava di voler pubblicare la mia biografia. Naturalmente non si può rifiutare una proposta del genere e quindi abbiamo iniziato a dare vita a questo progetto. La prefazione è stata curata da Piero Chiambretti e Luca Abete, due persone alle quali sono molto legata. Chiambretti mi conosce da quando ero bambina, aveva un bel rapporto con mio padre, e io lo ammiro molto come professionista. Luca Abete invece è un mio caro amico e ha voluto dare il suo contributo al libro. Entrambi saranno presenti al “Salone del libro” di Torino per la presentazione della mia biografia.

Lei è diventata anche l’eroina di un fumetto?

Sì esatto. Lady Tabata, la protagonista, è il mio alter ego. Il fumetto è seguito da tre milioni di persone in tutto il mondo, sorprendentemente anche in Giappone, in cui i manga hanno un seguito pazzesco, forse perché sono stata introdotta nel mondo del manga dal grande Milo Manara, che per primo mi ha disegnata nel 2014.

Ci racconti qualcosa di più sul fumetto…

E’online e totalmente gratuito, perché attraverso il mio alter ego virtuale combatto le mie battaglie, quindi ha uno scopo sociale e non di lucro. Abbiamo un pubblico di età compresa tra i 12 e i 65 anni e per il 55% sono maschi, ma abbiamo un importante seguito anche da parte delle donne, soprattutto nei Paesi in cui la donna è ancora in una posizione di sottomissione. Al momento ci leggono in Cina, Giappone, Indonesia, America del sud, Stati Uniti e in Europa e in Italia. La particolarità di questo fumetto è che è stato disegnato sulla mia persona. Solitamente il fumetto nasce e solo successivamente si cerca una figura che possa impersonare il o la protagonista. In questo caso è stato il contrario.

Quali sono i messaggi di cui Lady Tabata si è fatta portatrice?

Sono molto felice di essere “il fumetto”, perché in questo modo posso interagire anche con i miei follower. Riesco a rapportarmi con loro, a dare consigli, ad ascoltare i loro dubbi e ad interagire con persone che vivono dall’altra parte del mondo. E’ una cosa incredibilmente bella poter fare conoscenze interculturali. Il fumetto però è un mezzo per combattere la violenza sulle donne e per riuscire a comunicare con i giovani, attraverso un linguaggio semplice, leggero e divertente. Riesco così anche a portare avanti il mio progetto di “educazione civica al divertimento”, in cui spiego ai ragazzi come divertirsi senza sballarsi, offrendo loro delle alternative all’abuso di alcol o di droghe e mostrando loro quanto sia bello divertirsi in modo sano. Il mio linguaggio è sempre molto contenuto e mai violento, perché rinnego in tutti i modi la violenza, anche nella comunicazione.


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