L’8 Marzo, vorrei essermi svegliata a Washington, una di quelle giornate da donne
40 stili
L’8 Marzo da il via a molti eventi in tutto il mondo. Ve ne racconto uno.
Da Parigi, il Women House, questo spazio di incontro tra donne e casa, si trasferisce a Washington per intrecciare ancora le Desperate Housewives con le Case di Bambola e riproporre l’arte di 40 donne, di diverse nazionalità e ambiti creativi, ispirate da Virginia Woolf a trovare uno spazio tutto loro dove chiudersi a chiave e esprimersi.
Parigi ha affidato, alla Street Artist Kashink, la Zecca dello Stato, La Monnaie, cioè mille metri quadri tra stanze e cortili da rivisitare attraverso delle visioni, allestimenti, installazioni. Washington invece apre oggi le porte della sua House.
Svegliarmi a Washington l’8 Marzo sarebbe equivalso a visitare il Women House, vivere questa giornata in modo assolutamente risolutivo e dedicarmi alle fantasie artistiche di queste 40 visionarie.
Donne e fotografia
Soprattutto mi sarei imbattuta nelle opere di Claude Cahun, all’anagrafe Renée Mathilde Schwob, questa gigantesca scrittrice, fotografa e attrice mai veramente compresa dal mondo. Così in ombra e sfuggente. Così atipica. Una narratrice di sé stessa perfino nella scelta dello che definì “neutro”, quindi né maschile né femminile, un modo autoritario per dirsi diversa.
Diversa per le origini ebraiche, diversa perché omosessuale. O irrisolta. In continuo conflitto con suo padre, noto giornalista e saggista, proprietario del giornale Le Phare de la Loire , dove lei stessa emerse scrivendo opere personali che le aprirono le porte de Le Mercure de France e del Journal Littéraire.
Anni in cui fiorì anche fotograficamente prima di unirsi al Movimento Trotskysta, degli Scrittori e degli Artisti Rivoluzionari. Anni in cui si rese conto di quanto ogni ambiente fosse maledettamente guidato dagli uomini e di quanto l’omofobia fosse diffusa.
Durante la Seconda Guerra mondiale si persero le sue tracce e quelle della compagna, il cui legame forte contribuì a renderle un unico essere e un’unica forma artistica. Trasferitesi su un’isoletta nel canale della Manica, già nel 38, per allontanarsi da quei luoghi che le avevano deluse e osteggiate, per quattro anni le due donne, sotto falsi travestimenti, condussero una campagna anti-tedesca, volta a scoraggiare le stesse truppe con una chiara incitazione a l’ammutinamento.
Furono arrestate e fino a quando la Germania non si ritirò rimasero in stato di prigionia, uno stato che la debilitò fino a causarle la morte nel 1954.
È solo nel 1992, per opera dello scrittore François Leperlier, autore della biografia della Cahun, che la sua storia e le sue opere tornano in superficie. E il mondo oggi la celebra proprio per quel cognome e per quel sentimento sessuale un tempo perseguiti e che l’hanno resa anoressica, scostante, sconosciuta.
L’8 Marzo la Cahun è un’icona tra altre quaranta donne, chissà cosa ne penserebbe.
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