Esiste una bambina, imprigionata nella tradizione, nella storia e nella fede di migliaia di Nepalesi, costretta a vivere una vita caratterizzata da regole e limitazioni che poco appaiono consone a bambine di tre o quattro anni.
Questa bimba ha occhi neri carichi di trucco ed una espressione triste, ma allo stesso tempo attenta; attenta a non infrangere delle regole che le vengono imposte, come ad esempio, il non mettere mai i piedi a terra.
Difatti, la Kumari, letteralmente “vergine”, non può neanche appoggiare i piedi al suolo.
Non può camminare, non può toccare il terreno impuro o decidere di modificare la sua vita, almeno fino a che sarà considerata l’incarnazione di una potentissima divinità: Taleju, che pare sia in grado di modi cambiare o decidere il destino delle persone.
È un onore essere considerata l’incarnazione della dea, ma allo stesso tempo un inferno che provoca dolore e tormento, basti pensare che la bambina in questione vieni scelta in base a delle caratteristiche specifiche che a breve elencheremo, ma deve anche superare quasi trecento prove prima di essere “eletta”.
I suoi occhi devono essere neri, ma presentare delle tracce di azzurro, avere le ciglia lunghe, la bocca ed il naso perfettamente proporzionati e il corpicino slanciato come quello di una cerva; si può tranquillamente asserire che le candidate vengono scelte in base alla loro bellezza, ma non solo.
Prima della scelta, le bambine selezionate, vengono lasciate sole all’interno di stanze buie senza dover mostrare il minimo segno di inquietudine, vengono sottoposte a prove di coraggio durante le quali saranno spaventate da uomini mascherati da demoni e, solo alcune resteranno impassibili.
Tra le poche che resisteranno, ne verrà scelta solo una, che provocherà l’orgoglio e la gioia dei genitori e dei parenti più vicini nonostante questo “onore” rappresenterà per lei molte costrizioni; oltre ad essere portata sempre in braccio per non toccare terra, come detto precedentemente, ella non dovrà parlare, né mangiare alcuni alimenti.
Non potrà ferirsi e dovrà assolutamente prestare attenzione a questa limitazione, se perderà solo una goccia di sangue, sarà ripudiata e considerata impura.
Possiamo immaginare cosa possa succedere nel momento in cui la bambina vivrà poi la sua prima mestruazione: la sua purezza scomparirà e la dea non potrà più vivere in lei.
L’altro lato della medaglia mostra come, finalmente la bambina potrà tornare a giocare, correre, urlare o mangiare ciò che vuole, andare a scuola, crescere e sposarsi, ma con molte difficoltà: la leggenda narra che l’uomo che sposerà una ex kumari morirà poco dopo.
Ma, mentre l’incoronazione della Kumari, viene accolta sempre da urla di giubilo, molti attivisti che tutelano i diritti dei minori, lamentano che alle dee viventi venga negata l’infanzia.
Così, la tradizione della “dea vivente” è sopravvissuta alla caduta della monarchia assolutista Indù, ma vede lo sdegno di molte categorie tra le quali annoveriamo studiosi, esperti di psicologia infantile e alcune branche della stessa cultura religiosa nepalese.
Nel 2008 la Corte Suprema ha stabilito che le piccole dee viventi hanno il diritto di vivere in maniera del tutto normale, ricevere una istruzione che comprenda il rapporto sociale con i coetanei che dunque le porti ad uscire dal palazzo-tempio sito in Durbar Square a Kathmandu; in vista anche delle successive problematiche che vedono le Kumari avere grossi problemi di reintegrazione nella società dopo la detronizzazione.