Ho incontrato una donna.
Chi se ne frega sarebbe la reazione normale di qualunque lettore.
Una come questa l’ho incontrata per la prima volta in vita mia.
Ecco!!!!!! Il solito pappagallo all’arrembaggio: sei unica…… una come te non esiste al mondo …
No! Niente rimorchio o arrembaggio, è vero. Non mi era mai capitato nella vita di incontrare una donna capovolta.
Ora vi dico.
Si chiama Eleonora ed insegna filosofia, non ha la vita sottosopra per via delle traversie che la postmodernità esibisce, no, vive proprio capovolta, come la vedere nella copertina del libro in cui un’altra donna, che non conosco, l’ha costretta.
Eleonora è come Jessica Rabbit, lei starebbe tranquillamente in piedi come tutti se non la disegnassero così. Ma ormai capovolta nel suo libro deve vivere a testa in giù. Non vi dico la mia difficoltà a parlarle in quella scomoda posizione, perché Eleonora è una donna colta e dalla conversazione brillante, ossessionata da una badante che accudisce la mamma, e che tratta come fosse il nemico da battere. Ci mancava anche Eleonora a prendersela con i migranti e a farli percepire come pericolo.
Quello di badante è un mestiere di cui la nostra società ha bisogno: anziani e bambini, il futuro e il passato, l’esperienza e l’avvenire dipendono dall’impegno di popoli che fuggono la povertà e come nel caso di Alina cercano del danaro per assicurare al figlio un lavoro da uomo libero. Questo mi dice Eleonora e su questo avrei da ridire. È normale che da un paese povero si pensi che nella Italia opulenta le professioni pensanti portino alla libertà dal bisogno. Il fatto è che occorre prima assicurarsi che uomini che lavorano possano essere liberi. L’Italia, in questo, ha qualche problema, infatti il figlio di Alina studia in Spagna. Occorrerebbe ricordare ai nostri politici che si affannano a dichiarare la necessità della meritocrazia, che abbiamo costruito strutture pubbliche che sono totalmente meritofobiche, espellono chiunque merita affinché non si scopra la mediocrità al potere. Su questo concorderai, Eleonora. Alina fa lo stesso, inciampica apposta nell’italiano anche se è cultrice di Dante, sta attenta a non esagerare commentando Choppin per non infrangere l’archetipo della badante dell’Est mostrandosi nelle vesti di entità pensante, badante è un termine a mezza strada tra il sorvegliare e l’accudire. Un ruolo sospeso tra carcere e custode.
A me Eleonora pare solo ossessionata dalla vecchiaia e da quello che lei stessa chiama il raggrinzimento della pelle, cosa sulla quale, pur avendola davanti, non posso darvi alcuna testimonianza perché sono costretto a parlarle guardandola dritta dritta nelle caviglie.
Tutte le sue invettive sulle giovani donne con profili biologici superiori in grado di sconvolgere gli ormoni maschili, sulla indifferenza di suo marito Paolo, sull’alto tasso di latitanza matrimoniale, sulla fiammella del desiderio in via di estinzione, a me sembrano esagerazioni, un mettere le mani avanti, suvvia Eleonora, anche tu hai usato il ricatto basato su congetture senza prove, sia nei confronti di tuo marito sia nei confronti delle povera Alina.
Ma alzati, girati, parla con me! Niente.
Cerco di abbassarmi sulle ginocchia per avvicinarmi e rendere più efficace la conversazione.
Tu parli di alito di falsità e di inganno, di tradimenti e di problemi di coppia? E insegni filosofia, tu dell’amore dovresti essere cosciente se non esperta. Non di quello che è diventato, ma almeno di quello che è stato nell’antica Grecia.
Lo so, lo so, noi però viviamo adesso.
Che ci vuoi fare, la perdita di quella struttura sociale la si paga ancora.
Pensa Eleonora che qualche settimana fa ero a Roma, a teatro insieme alla mia amica Cristina, aveva mandato i figli a cena dal padre da cui è separata, per assistere allo spettacolo che le interessava molto. Mentre stavamo per uscire mi mostra sul cellulare i messaggi del suo ex marito che chiedendole dove fosse e se fosse a casa pubblicizzava la colpa facendo leva sul ricatto morale come metodologia di rappresentazione del possesso (rappresentazione del possesso, perché possesso è altro). Sarebbe come dire: non ha funzionato tra di noi, quindi espiamo attraverso il sacrificio invece di costruire un futuro di felicità diverso. E qui che la tua filosofia si scontra con chi ha deciso di portare una croce come riscatto, con chi ha deciso che la vita dovesse essere individualmente destinata alla salvezza della propria anima e non alla collettività, con chi ha deciso che anche l’amore potesse essere gestito per via razionale: come il bene, come il male. E no! La mia indole greco antica si ribella. Da quella sera, quei messaggi mi girano in testa e sono ritornati in mente leggendo le tue parole.
La vita è un percorso, un viaggio continuo dove il mutamento degli eventi è il frutto delle interazioni reciproche. Capita che non si cambi nello stesso modo, che il viaggio in due possa diventare due viaggi in direzioni diverse e capita anche che tu possa volgere lo sguardo al nuovo percorso di chi era un tempo in viaggio con te.
Io non capisco perché ci si continui ad arrovellare guardando la scia di un’altra nave che va in una direzione diversa invece di governare la propria. Anche perché la scia contiene scorie, quello che è stato consumato in viaggio, i residui del propellente con il quale si avanzava insieme un tempo. Distrugge i ricordi, che furono amore, impedisce alla memoria di ricostruire il percorso di guida per se stessi, impedisce di imparare. Guarda Eleonora, è come quando si guarda una fotografia del proprio passato, come quella di te e tuo marito nella cornice d’argento. Sono immagini di quello che sei stato e non possono essere te. Nessuna fotografia può essere te un minuto dopo essere stata scattata.
Ogni fotografia è solo uno schema immaginario, eppure c’è ancora qualcuno che scatta, scatta, scatta, condivide “selfieggia” e la scambia per realtà.
Ti ricordi quando Anna Karenina si lamenta del fatto che mai potrebbe amare suo marito essendosi accorta che ha le orecchie troppo grandi? La risposta che Tolstoj mette in bocca a Vronskij dovrebbe poter risolvere i drammi di tutti i conflitti di coppia compreso il tuo con Paolo: le orecchie non sono mai cambiate cara Anna, credo sia cambiato il vostro cuore.
Nulla di più semplice: la dinamica della vita è la vita.
Che ti è successo? Tradimento? Non me ne parlare Eleonora, ti chiedi fin dove possa arrivare l’infamia ? Tu non immagini nemmeno quello che possa aver passato nella vita un essere come me, incapace di tradire. Il tradimento è, una geniale soluzione alla crisi, come quello di Paolo nei tuoi confronti, dopo un attimo di smarrimento tutto finisce nel calderone dell’indifferenza, della colpa, del forse se…. che giustifica e assolve. Il tradimento è una salvezza.
Io, da povero incapace, ho dovuto imparare a fare le valige nel senso che al primo accenno di noia, non sapendo tradire, me ne vado per non scoppiare. Prendo una direzione solitaria da vecchio marinaio che ama i silenzi della rada. Alle mie spalle si profila sempre l’inferno, la catastrofe, la guerra. Tutte le colpe e vergogne dall’Iliade all’Odissea si concentrano su me povero migrante in fuga. Comincia la pantomima del “mi manchi”, la commedia del “ mi sento sola”, (abbandonata è una variante da sceneggiata), “che stupida a non accorgermi”. Sono decenni che mi chiedo, come sia possibile che di una persona di cui non si sia mai sentita la presenza, almeno in modo tangibile, si possa provare assenza? La risposta è una sola: ci stiamo abituando a vivere al negativo, non in funzione di quello che abbiamo, ma solo in funzione di quello che ci manca. Siamo talmente avvezzi a desiderare, possedere, che oggetti o persone sono diventati la stessa cosa. Dopo la prima settimana, l’amore diventa un diritto acquisito, una spettanza, un bollo. No! Mi rifiuto. La vita nasce nella fucina di Efesto, lo dici anche tu di tua figlia, l’amore è la fucina di un fabbro dove ogni giorno di forgiano scintille di stupore per essere vivi insieme. Non basta il fuoco, la vera sostanza forgiante è l’immaginazione. Questo è il carburante dell’amore.
Invece oggi un vuoto lo si riconosce solo dopo che lo si è provato, non lo si sa prevede. Purtroppo sono un fisico, e razionalità e immaginazione in me si guidano a vicenda. Anche questa disgrazia mi doveva capitare con le donne.
Altro, ovviamente, è dire che quello che viene a mancare insegna. Lo so bene io che ho incisi nel fondo dei miei occhi gli ultimi tre respiri di mia madre prima del suo viaggio più lungo. Lenti, sereni, rarefatti come se volesse avvisarmi per essere preparato. La accarezzavo, non capivo. Poi prese fiato, lo trattenne per un po’ e dalla bocca uscì un soffio di vento liberatore. Andava via, ma senza abbandonarmi, non lo aveva mai fatto anche se delle mie situazioni private non si era mai voluta impicciare. Era come se dicesse vivi il mio ricordo, ma non stare nella mia scia. Tu sei altro da me. Saranno stati in tutto una ventina di secondi, poi ll dolore, forte, uno squasso di petto. Guardai il suo sorriso e capii in un secondo perché noi uomini cerchiamo il corpo di una donna in modo così spasmodico. Siamo stati lì, da lì veniamo e quello è il migliore rifugio che esiste è il ritorno alle origini, ma funziona solo se quell’istinto poggia su una componente estetica ed estatica. Ex stasis, fuori dalla propria ragione, solo lì è amore.
L’amore è irrazionalità, lo insegna il mito, lo insegna Dioniso, ma anche Santa Teresa D’Avila, per questo dovrebbe essere obbligatorio addestrare i bambini alle favole, alla poesia, al teatro, alla musica, non solo per saper riconoscere la bellezza, ma per poter imparare ad amare. Sai, Eleonora quanta distanza c’è tra il messaggino dell’ex marito della mia amica Cristina e l’eudemonia? Solo 2400 anni, pochi ma rendono incolmabile l’idea che la felicità sia l’esplosione del proprio talento la propria realizzazione e quindi un dono per tutta la collettività. Nulla di tutto questo, che la collettività crepi, il dono è solo mio, infelice, ma mio.
Ricordo di aver aderito al partito Comunista Italiano da giovane universitario con la profonda convinzione che sarei potuto essere felice solo se lo fossero stati anche gli altri. Non ho cambiato idea.
Quanti ricordi, quante confessioni segrete di cose sepolte dentro di me. Ho capito finalmente perché Eleonora è capovolta e non ne vuole sapere di cambiare posizione, per poterla guardare dritto negli occhi ho dovuto assumere la posizione che i monaci domenicani assumono durante le confessioni pubbliche. Coricato in terra con le braccia allargate. L’essere capovolti è un trucco per farti confessare le cose più segrete della tua anima, o forse solo un modo per strapparti i ricordi che credevi sepolti, una corsa all’indietro nelle segrete stanze del proprio tempo che migra insieme agli anni. Solo in quella posizione potevo guardare Eleonora in viso, scoprire che non è raggrinzita per niente e che tiene in mano un libro che è davvero una lettura piacevole in un italiano in via di estinzione.
Mi rialzo in piedi e davvero di suggerisco questa lettura, confrontatela pure con le mie obiezioni di maschio e con le vostre esperienza di vita perché un libro come questo ha il solo interesse di stimolare il pensiero altrui. Oggi non è poco.
Il Libro: Titti Marrone, La Donna Capovolta Iacobelli editore
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