La stanza delle meraviglie (Wonderstruck) – Trama
1977, Minnesota. Il bambino Ben (Fegley) ha da poco perso la mamma (Michelle Williams), non ha mai conosciuto il padre, vive dalla zia Jenny (Amy Hargreaves) e con i cugini Robbie (Sawyer Nunes) e Hanna (Ekaterina Samsonov) ed è tormentato dal sogno ricorrente di lupi che lo inseguono. In una notte di temporale vede una luce provenire dalla baita nella quale prima abitava e trova la cugina che si sta provando dei vestiti di sua madre; rimasto solo cerca tra gli oggetti che gli sono cari (è sempre stato un appassionato collezionista) e trova un libro da titolo Wonderstruck con le immagini dell’Armadio delle Meraviglie esposto al Museo Storia Naturale di New York, che all’interno ha uno scontrino di una libreria di New York con scritto un messaggio d’amore di un certo Dannie; Ben telefona al numero che appare nello scontrino ma in quel momento un fulmine colpisce il cavo del telefono e la scarica elettrica lo rende sordo. Poco dopo, aiutato da Hanna, portando il libro, il biglietto e un gruzzoletto che la mamma teneva in una scatola di latta, scappa per andare a cercare il padre. 1927, New Jersey.
La dodicenne Rose (Simmonds), sorda dalla nascita, vive nel ricordo della madre Lilian Mayhew (Moore), famosa attrice del muto che, dopo il divorzio, la ha lasciata con il severo padre, il dottor Kincaid (James Urbaniak); un giorno, mentre sta per arrivare il famoso logopedista Dr. Gil (Anthony Natale), si taglia i lunghi capelli per rendersi irriconoscibile e fugge a New York, dove la madre sta per debuttare in un dramma teatrale. Arrivata al teatro, però, la madre le fa una sfuriata e la chiude in camerino; lei riesce a filarsela da una finestra sulla strada e, avventurosamente, a raggiungere il Museo di Storia Naturale dove lavora suo fratello Walter (Michael Smith). Qui si mette nei guai perché mette un bigliettino su di un meteorite esposto ma un sorvegliante (Damian Young) crede che voglia rubare le monetine che, auguralmente, i visitatori vi depongono.
Viene portata via dal fratello e a casa sua si addormenta, dopo avergli strappato la promessa che la terrà lì con lui. Anche Ben è arrivato a New York e – dopo aver dormito alla stazione e essere stato derubato da uno scippatore (Asa Liebman) – arriva alla libreria ma è chiusa da tempo; un ragazzino, Jamie (Michael), gli dice che si è spostata dietro l’angolo ma lui non lo può sentire così lo segue mentre accompagna al lavoro il padre (Raul Torres), che è inserviente al Museo. Qui i due ragazzi fanno amicizia e Jamie lo porta a rifugiarsi in una stanza chiusa. Di notte Jamie lo conduce in giro per il museo e Ben vede un plastico con i lupi che è identico ai suoi incubi, dei disegni che riproducono la baita dove ha vissuto e, tirando una corda, scopre di essere nella Stanza delle Meraviglie, paradiso dei primi collezionisti, della quale sua madre gli parlava spesso. Jamie, vedendolo sconvolto, gli confessa di non avergli detto subito dove si trovava la libreria perché lui era il primo amico della sua vita solitaria e voleva che stesse un po’ con lui.
Ben si arrabbia e corre verso la libreria, entra ma il libraio (Tom Noonan) è nel retrobottega e lui, stanchissimo, si addormenta al piano superiore. Poco dopo arriva la sorella (Moore) sorda del libraio e mentre i due parlano a segni, Ben si sveglia e fa cadere lo zaino, dal quale esce il libro Wonderstruck; Rose (è proprio lei) gli dice di essere sua nonna e gli racconta la storia di Danny (John Boyd), suo figlio e padre di Ben, morto dopo aver creato il plastico dei lupi.
Grande trovarobato ma vorremmo Ben Stiller
Todd Haynes, sin dal suo film d’esordio, Superstar – The Karen Carpenter Story era stato celebrato – ed etichettato (lui non ha mai condiviso la definizione) – come autore per eccellenza del New Queer Cinema (il cinema della diversità). In realtà il suo cinema immaginifico, talora visionario ed elegantissimo non è solo questo; c’è sempre nei suoi film una grande capacità di racconto – non a caso è stato spesso paragonato al grande maestro del melò Douglas Sirk – e una accuratezza tecnica esemplare.
Era naturale che la sua filmografia incontrasse lo scrittore e disegnatore Brian Selznick, dal cui La straordinaria invenzione di Hugo Cabret Scorsese aveva tratto Hugo Cabret, e che scegliesse Wonderstruck come testo da trasferire sullo schermo. Il romanzo si adatta benissimo al perfezionismo – quasi viscontiano – di Haynes, così come la storia di due ragazzini audiolesi – un po’ come nel 1948 aveva fatto Joseph Losey con Il ragazzo dai capelli verdi – diventa un bel pretesto per raccontare l’isolamento di due “diversi”, esattamente come i suoi Lontano dal paradiso e Carol collocavano negli anni ’50 la discriminazione sessuale per dare un sapore di favola lontana a un problema ancora attuale.
Non si può dire che sia un film completamente riuscito; alcune delle caratteristiche del cinema di Haynes sono un po’ esasperate: un trovarobato raffinatissimo ma prevaricante, una qualche algidità letteraria nel racconto (quest’ultima potrebbe nascere dalla scelta – in genere non consigliabile al cinema – di affidare la sceneggiatura all’autore del romanzo, che si è fatto aiutare da John Logan che aveva già curato lo script di Hugo Cabret ma poi ha firmato da solo). Un film non è però opera di un solo autore e, per La stanza delle meraviglie dobbiamo riconoscere che il perfezionismo del regista (che, non solo, ha voluto nel ruolo di Rose una giovane attrice sorda ma la affiancata ad altri interpreti audiolesi come Lauren Ridloff – ex Miss Deaf America – nel ruolo della cameriera Pearl) ha ritrovato una squadra di tecnici eccezionali: lo scenografo Mark Friedberg, il direttore della fotografia Ed Lacham (cui si devono le belle alternanze di prezioso bianco e nero e squillanti colori), il musicista Curter Buwell e il prezioso montatore Affonso Goncalves. Belle immagini insomma ma talvolta, si vorrebbe veder spuntare il Ben Stiller e le sculture animate di Una notte al museo.
Film di Todd Haynes. Con Julianne Moore, Oakes Fegley, Millicent Simmonds, Jaden Michael, Cory Michael Smith USA 2017
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