Anna Coliva, Direttrice della Galleria Borghese di Roma nel presentare la Mostra “Lucio Fontana. Terra e oro” dal 22 maggio al 28 luglio alla Galleria Borghese di Roma, da lei stessa curata con un saggio di Germano Celant nel catalogo edito da Silvana Editoriale d’Arte, lo definisce “il più grande artista italiano del Novecento”. Ben cinquanta le opere in Mostra: ventotto suoi Crocefissi in ceramica, eseguiti tra il 1948 e il 1954, risaltano nei saloni tra i marmi del Bernini padre e i gruppi marmorei di Bernini figlio, in un accostamento solo apparentemente azzardato.
Dopo aver ospitato Bacon, Giacometti e Picasso, la Galleria Borghese torna a mettere la propria collezione in dialogo con i maestri della modernità e del contemporaneo. Questa volta tocca a Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 1899 – Varese, 1968), padre dello Spazialismo: si tratta del primo artista italiano di questo ciclo. Dal 22 maggio, in occasione della mostra “Lucio Fontana. Terra e oro” saranno esposte le opere realizzate dall’artista tra il 1958 e il 1968, allestite in due sale nel piano dedicato alle sculture e in sei sale nella galleria delle pitture al piano superiore. Tra i temi principali c’è la questione dello spazio, un problema dell’arte figurativa trasversale a tutte le epoche, che gli artisti hanno affrontato nei modi più disparati. “Non la distruzione del quadro-sottolinea l’Artista-ma una dimensione al di là del quadro, un gesto di libertà”.
L’opera di Fontana, sotto questo aspetto, rappresenta una rivoluzione storica, in quanto abolisce la rappresentazione dello spazio per crearlo, attraverso i suoi celebri Taglie Buchi. Fondamentale è anche la presenza dell’oro che, da segno di potenza e ostentazione nell’età barocca, diventa astrazione anti-naturalista, parte della struttura stessa dell’opera che cattura la luce circostante. Gran lavoro per la curatrice Anna Coliva che è riuscita a riunire una vasta serie di lavori in oro provenienti da collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, piccolo rammarico solo non avere il lavoro color oro di proprietà dello stato italiano che per un prestito negato è rimasto attaccato alle pareti della residenza dell’ambasciatore italiano a Tokyo. Vicine alla maniera seicentesca sono invece le Crocifissioni, scosse da un movimento impetuoso riscontrabile nell’uso della ceramica. Queste ultime sono presentate in una colossale installazione al piano terra.
Mai visti tutti in una volta ventotto Crocefissi, quando per Fontana l’Arte era “usare qualunque materia”, ed era “creata con le mani e con l’anima”. Ceramiche alte quaranta centimetri, : il Cristo che si staglia, pieno di asperità,. Un barocco forse spinto al parossismo che si lega egregiamente con l’ambiente e le altre opere esposte in Galleria. E poi, due grandi realizzazioni altamente simboliche: “Arlecchino” e “Fiocinatore”, sempre sperimentando infinite materie.
A questa prima parte della Mostra-la Terra-segue al piano superiore della Galleria Borghese la seconda parte-l’Oro: monocromi soltanto color oro, spesso in rame. Tra i più suggestivi “Venezia era tutta d’oro” riflettentesi in “Amor sacro e Amor profano” di Tiziano del 1961, prestato dal Thyssen di Madrid: un unico taglio produce cerchi concentrici a rilievo, somiglianti alle onde di un sasso lanciato in uno stagno. La “Regina delle rose” del 1948 esalta il Barocco alla massima potenza, così come uno tra i belli dei “Concetti spaziali” risalta sotto la “Dama con liocorno” di Raffaello.
“Il Novecento – conclude la Direttrice della Galleria Borghese, Anna Coliva – è l’unico secolo assente dalle collezioni della Galleria Borghese. Questa, come le mostre realizzate in questo contesto, vuole costituire un originale approfondimento sui temi della galleria. Per una serie di misteriosi motivi, Lucio Fontana non ha mai goduto della giusta considerazione a Roma. Risale al 1998 l’ultima mostra relativa a Fontana scultore. Vi chiederete forse perché abbiamo scelto proprio la Galleria Borghese, un luogo non moderno e forse poco adatto ad accogliere un artista del Novecento. Probabilmente per la straordinaria varietà di stili, passioni, per quella spiccata individualità che il nostro museo offre ai visitatori. Nel luogo deputato a rappresentare lo spazio in modo simbolico, illusorio, sempre in relazione con l’oro, come nel corso della storia dell’arte è stato fatto, Fontana, colui che il problema dello spazio lo ha affrontato e risolto attraverso i buchi e poi con i tagli, si colloca a pieno titolo tra le sale della Galleria Borghese”.
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