Dopo la mostra nel 2023 delle fotografie di Gianni Berengo Gardin dedicate al Borgo di San Fruttuoso di Camogli, il FAI accoglie una seconda iniziativa intitolata alla fotografia d’autore, mettendo in mostra gli scatti di un altro grande Maestro, anch’essi dedicati a questo tratto del paesaggio ligure.
Dal 18 luglio 2024 al 16 febbraio 2025 l’Abbazia del Fai di San Fruttuoso di Camogli ospita la stupenda mostra fotografica “Ossi di Seppia. Ugo Mulas, Eugenio Montale”: intenso e suggestivo dialogo tra due linguaggi artistici, la fotografia e la poesia, e tra due grandi maestri della cultura italiana.
“[..] sballottati come un osso di seppia dalle ondate, svanire a poco a poco, diventare un albero rugoso o una pietra levigata dal mare, nei colori fondersi dei tramonti, sparir”.
“Ossi di seppia”, Eugenio Montale.
A cura di Guido Risicato e Archivio Ugo Mulas, la mostra Ossi di Seppia, allestita in diversi ambienti dell’Abbazia di San Fruttuoso, presenta ventitré fotografie in bianco e nero scattate da Ugo Mulas nel 1962 a Monterosso, nelle Cinque Terre, luogo dove Eugenio Montale ha trascorso la sua infanzia e che ha ispirato il poeta nella composizione della raccolta Ossi di Seppia.
Le foto esprimono, in maniera concettuale, il paesaggio descritto dal poeta in quel che egli stesso definiva il periodo del “proto-Montale”, ovvero il 1925 quando egli pubblicò una delle sue prime raccolte, Ossi di Seppia appunto, dove la sua lingua, aspra e pietrosa, già mostrava il lato oscuro della condizione umana.
Affascinato da sempre da quei versi, Ugo Mulas decise di illustrare per una rivista la raccolta e si recò a Monterosso con l’intento di rendere su lastra quel sentimento, insieme di assoluto e di profonda solitudine, rappresentato dal mare, dal sole e dalle rocce.
“Ho proposto a un giornale di fare”, diceva Mulas, “delle fotografie per illustrare dei versi di Montale, in particolar modo Ossi di seppia, versi che io avevo molto amato da ragazzo e che conoscevo quasi a memoria e, soprattutto, dei versi dove i luoghi e le atmosfere, il tempo è così ben descritto che invitano ad una ricerca di tipo illustrativo, proprio perché dopo averli letti viene addosso un gran desiderio di conoscere i posti che li hanno ispirati. A Monterosso, nelle Cinque Terre, dove c’era la casa di Montale, la casa dove Montale passò la sua infanzia, che ora appartiene a dei cugini, credo, Montale non ha più voluto tornare perché i luoghi, secondo lui, sono stati dissacrati da queste nuove costruzioni, da tutto questo che di turistico e di alberghiero è sorto in queste spiagge così abbandonate e vergini”
“Più che queste foto di documento che possono anche essere interessanti, quello che conta rendere, è il clima generale del luogo, cioè trovare quegli elementi generici, non specifici, che continuamente ritornano, come un leit-motiv in tutto il libro”, scrive Ugo Mulas in merito al suo reportage.
Il risultato è un’opera fotografica caratterizzata dalla scelta d’insoliti punti di vista e da un intenso lirismo completamente aderente all’opera del poeta, dove la parola trova una perfetta corrispondenza con l’immagine.
“Nel 1962 il fotografo Ugo Mulas”, spiega il curatore Guido Risicato, “arriva ad un’intimità mai raggiunta con l’autore Eugenio Montale e la sua Ossi di Seppia. Il risultato è un’opera dove le fotografie raggiungono l’apice della parola scritta. Gli insoliti punti di vista tratteggiati da un intenso lirismo portano a una vera dimensione simbiotica tra le due arti, una danza di immagini e parole; l’astrazione della parola si incarna nelle immagini e trova la sua rappresentazione grazie alle linee dell’immagine fotografica. Negli anni Sessanta, il dualismo corpo – ambiente ha espanso ormai i suoi confini andando oltre il gioco delle parti tra realtà e finzione. Ugo Mulas, in questo riuscì a rappresentare visivamente il messaggio dei versi di Montale in modo tanto divino che anche il poeta, dopo avere visto le immagini, esclamò pieno di meraviglia: ‘Come hai fatto! Come hai fatto!’. Mulas ha dimostrato come descrivere attraverso le immagini fosse possibile e ancora più ricercato. Esporre il lavoro di Ugo Mulas presso l’Abbazia di San Fruttuoso, Bene del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, vuole essere un nuovo capitolo nella rappresentazione, attraverso la fotografia dei grandi maestri, della terra di Liguria, raccontando la particolarità e unicità di luoghi compressi tra terra e mare”.
Per Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova, “le qualità sia dell’inquadratura sia della luce di questi scatti hanno un che di perentorio, che calza mirabilmente non in termini illustrativi ma di sintonia espressiva con il verso sempre nitido e tagliente di questo primo Montale”.
L’intenzione della Fondazione è offrire l’occasione di conoscere questo speciale lavoro di Ugo Mulas, che si articola nel suggestivo dialogo con le poesie di Eugenio Montale, ma anche di invitare il pubblico, attraverso queste visioni artistiche, a osservare con attenzione il paesaggio, a scoprirlo e conoscerlo in profondità e nei dettagli, per scoprirne il valore e il significato, la storia e lo spirito, che vanno oltre la bellezza da cartolina per cui è rinomato nel mondo. Anche in ciò il FAI persegue la sua missione, educando alla conoscenza dei luoghi come primo e fondamentale passo per promuovere, presso i cittadini di oggi e di domani, una cultura della tutela e del rispetto del patrimonio.
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