CinemaLocked Down: ne siamo davvero usciti migliori?

Locked Down: ne siamo davvero usciti migliori?

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Dal 26 settembre è disponibile su Sky e Now Tv Locked Down di Doug Liman. Il primo film che racconta le conseguenze del lockdown sulle nostre vite e riflette sulle possibilità offerte dalla crisi di creare una società più giusta.

Locked Down: la storia di Linda e Paxton

Il lockdown deciso dal governo britannico coglie Linda (Anne Hathaway) e Paxton (Chiwetel Ejiofor) nel pieno della loro crisi di coppia e li costringe a convivere per settimane nella loro casa di Londra.

Linda è una giovane, brillante dirigente di una grande azienda che vende beni di lusso ai ricchi di tutto il mondo. Una macchia sulla fedina penale ha costretto invece Paxton a ridimensionare le sue prospettive e ad accettare un lavoro come autista di furgoni per una ditta di trasporti.

I due non potrebbero essere più diversi. Sono state proprio le differenze a farli innamorare anni prima. Lui un motociclista poco raccomandabile dallo spirito libero, lei una giovane americana di buona famiglia con un lato wild tutto da esplorare.

A dieci anni dal loro primo incontro, la routine sembra ormai aver spento quella prima passione e le differenze sono diventate più che altro ostacoli. Costretti in casa dal lockdown, i due si dividono gli spazi cercando il più possibile di ignorarsi. La dimensione surreale dettata dalla pandemia li porta inevitabilmente a riflettere sulle loro vite.

Nonostante accumuli promozioni su promozioni, Linda è la prima a scoprirsi insoddisfatta della sua bella vita borghese e, mentre l’intera struttura socioeconomica si paralizza, comincia a mettere in discussione tutto il sistema di falsi valori su cui è basata la sua vita.

L’occasione di una svolta, che è anche atto di ribellione, si presenta sotto forma di un diamante da tre milioni di sterline conservato nel caveau dei magazzini Harrods, di proprietà di un miliardario criminale.

La pianificazione del possibile furto dà la possibilità a Linda e Paxton di riassaporare il sapore della libertà e di riscoprire i veri valori su cui era nato il loro amore.

Ritorno al lockdown

Malcolm & Marie era stato uno dei primi film girati nel bel mezzo del lockdown, ma con la pandemia non aveva nulla a che fare. La commedia romantica/heist movie di Doug Liman è invece un film girato sul lockdown, e a vederlo si rivive tutta l’assurdità di quel momento.

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Anne Hathaway in una scena di Locked Down

In Locked Down c’è tutto: le file al supermercato, le scorte di carta igienica, la voglia di fare il pane, il suono delle sirene in lontananza, le chiacchierate dalle finestre tra perfetti sconosciuti.

E poi le strade vuote, gli aggiornamenti sui dati in TV, l’abuso di alcool e la consapevolezza di stare a vivere un evento senza precedenti dalle sfumature quasi apocalittiche.

A vedere Anne Hathaway che fa le riunioni su Zoom vestita di tutto punto dalla vita in su e con i pantaloni del pigiama sotto il tavolo non possiamo che immedesimarci. Lo smart working ha comportato una inedita condivisione della vita privata.

Una finestra affacciata su scenari famigliari fatti di spazi condivisi, figli che irrompono durante le riunioni, compagni o compagne che sulla sfondo attraversano l’inquadratura, a volte anche sbadatamente poco vestiti.

In un attimo, pur attraverso lo schermo di un portatile, tutti sono sembrati straordinariamente umani e nella distanza fisica imposta dai governi abbiamo percepito una strana sensazione di vicinanza. In quel momento si è sviluppata la convinzione che saremmo usciti dal dramma migliori di prima. Perché è nei momenti di rottura, di crisi, che arrivano le migliori occasioni per evolvere.

Su questo punto riflette e gioca soprattutto la seconda parte di Locked Down che stravolge completamente la narrazione. Con una specie di doppio salto carpiato con avvitamento, Steven Knight trasforma la commedia romantica che avevamo visto finora in un vero e proprio heist movie.

Il furto mai visto nei magazzini Harrods

In realtà, la storia di Locked Down è partita da lì. Da quando Doug Liman scrisse a Harrods per chiedere di utilizzare i lussuosi magazzini come location per un film su una rapina. Ora, la dirigenza di Harrods non aveva mai dato a nessuno il permesso di girare all’interno e la straordinarietà, l’unicità di quel momento sta anche qui, in quella decisione di permettere le riprese.

Le scene girate all’interno dei magazzini, mentre gli addetti smantellano i reparti e mettono in sicurezza la merce preziosa, danno un’ulteriore idea di cosa sia stato il lockdown (nemmeno durante la seconda guerra mondiale Harrods aveva chiuso).

E anche se si nota, in questo cambio improvviso di marcia che poco si amalgama con il resto della narrazione, una certa fretta nella stesura della sceneggiatura, le riprese dentro Harrods rappresentano il grande colpo messo a segno da Doug Liman con Locked Down.

“Cos’è il genio?”, si chiedeva Gastone Moschin in Amici miei, “è fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”. Capire quando si può osare e farlo.

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Anne Hathaway e Chiwetel Ejiofor in una scena ambientata nei magazzini Harrods

Locked Down: un film di sceneggiatura

Se la mano di Doug Liman è ben presente in questa seconda parte, la prima è tutta appannaggio di Steven Knight. Perché Locked Down è soprattutto un film di sceneggiatura. I personaggi di Linda e Paxton sono entrambi riuscitissimi. Brillanti, simpatici, belli e umani.

Anne Hathaway e Chiwetel Ejiofor sono una coppia perfettamente equilibrata, entrambi emergono senza mai sovrastarsi nei dialoghi brillanti e dal ritmo molto sostenuto scritti per loro da uno dei migliori sceneggiatori del Regno Unito.

Quello de La promessa dell’assassino e di Peaky Blinders. Lo sceneggiatore e regista che con Locke aveva già dimostrato di poter tenere un intero film dentro una macchina, figuriamoci se non poteva farlo dentro una bella casa con giardino in un elegante quartiere di Londra!

Non si può dire che Locked Down sia un film perfetto, troppo scollate le due parti e poco credibile il tentativo di furto. Eppure c’è qualcosa che lascia il segno. È la facilità con cui ci ritroviamo nella vicenda raccontata (anche se non tutti abbiamo passato il lockdown in un lussuoso appartamento di Londra) e il tentativo comune di riflessione su ciò che stava accadendo e su quello che sarebbe accaduto dopo.

Abbiamo assistito a un sistema che si andava sgretolando sotto i nostri occhi e ci siamo chiesti se fosse possibile ricostruirlo in un altro modo. Su criteri più giusti e più equi. In questo senso il furto del diamante in Locked Down è un grosso dito medio in faccia al sistema.

La critica sociale, che è presente anche se nei toni leggeri della commedia, risiede soprattutto nel puntare il dito sul sistema socioeconomico che governa il mondo.

Un diamante da tre milioni di sterline per questo tipo di sistema non ha più valore intrinseco. Il suo valore si declina unicamente nell’atto dell’acquisto. Dunque del consumo simbolico della ricchezza.

E il fatto che il furto ci sembri così poco credibile è forse dovuto alla consapevolezza che in fondo nulla sia cambiato perché quelli che stanno rimettendo in piedi il sistema sono gli stessi che lo amministravano prima.

Per quanto riguarda noi, ne siamo davvero usciti migliori? Mah.

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