Motherless Brooklyn di Edward Norton. Con Edward Norton, Bruce Willis, Gugu Mbatha-Raw, Alec Baldwin, Willem Dafoe USA 2019
Motherless Brooklyn – Recensione
Psicopatolagia del detective
Norton è sicuramente uno dei migliori attori della scena americana ed è alla seconda regia: il suo primo film, Tentazioni d’amore dl 2000, era una commedia con ironiche considerazioni sulla religione. Per questo film si è affidato al romanzo dello scrittore Jonathan Lethem, che oltre all’autobiografico La fortezza della solitudine, è autore di bei romanzi di genere (prevalentemente sci-fi) con una forte valenza di avanguardia narrativa. Norton ha mantenuto l’atmosfera letteraria del testo – con molti inserti esplicativi in voice-over – con un occhio al vecchio hard-boiled (il tipico giallo all’americana): il suo personaggio di riferimento non è, però, il Philip Marlowe di Raymond Chandler, il Sam Spade o il Continental Op di Dashiell Hammett, il Lew Archer di Ross Macdonald, né ovviamente il Mike Hammer di Mickey Spillane, semmai lui dichiara di aver tratto ispirazione dal film di Polanski Chinatown e dal suo sballottato investigatore Jake “J.J.” Gittes , aggiungendovi i tic (in quel caso finti) del suo personaggio nel film The score.
Motherless Brooklyn sconta la letterarietà di partenza ma ha non pochi pregi: dal punto di vista narrativo la solo parziale sconfitta dei corrotti dà al racconto una dolce-amara valenza realistica che il genere spesso non sa esprimere, gli attori sono tutti bravi (magari il Norton regista è un po’ troppo indulgente con il Norton gigione), la livida atmosfera hopperiana è ben resa dal “cinematographer” Dick Pope e le musiche cool jazz di Daniel Pemberton sottolineano con efficacia il racconto. La rarefatta qualità del film e la sua voluta patina di modernariato fanno sì che gli incassi non siano certamente esaltanti.
Motherless Brooklyn – Trama
Anni ’50 a New York. Lionel Essrog (Norton) – intelligente ed acuto ma affetto dalla sindrome di Tourette ,che lo fa sbottare in frasi sconnesse e talora sconce con accessi di tic – e Gilbert Coney (Ethan Suplee) – buono ed affidabile ma un po’ tonto – aspettano in macchina il loro capo, il detective Frank Minna (Willis) che ha un rischioso appuntamento; poco dopo arriva il costruttore William Lieberman (Josh Pais), con tre scagnozzi, uno dei quali è un vero gigante (Radu Spinghel); Lionel si è piazzato in una cabina telefonica e, grazie all’accorgimento di Frank di lasciare la cornetta del telefono staccata, sente che Lieberman non è soddisfatto di un incartamento che Frank gli consegna; quando il loro capo lancia un segnale convenzionale e subito dopo sale in macchina con i quattro, i due investigatori si lanciano all’inseguimento ma, poco dopo, lo raccolgono ferito in un vicolo. Morirà quasi subito in ospedale.
Julia (Leslie Mann), la moglie di Frank non dà segno di particolare dolore, anzi incarica rabbiosamente l’ex-braccio destro del marito, Tony Vermonte (Bobby Cannavale), di guidare l’agenzia che lei ha sempre detestato; lì, oltre a Lionel, Tony e Gilbert, lavorano Danny (Dallas Roberts) e Lou (Fisher Stevens) e sono tutti ex-convittori di un orfanotrofio retto da perfide suore cattoliche, dove sia Frank che Tony avevano preso sotto la loro protezione il fragile e maltrattato Lionel. Lui ora ha deciso che troverà chi ha ucciso il suo capo ed amico e – sulla base di quello che ha sentito – si mette alla ricerca di una donna di nome Horowitz e di una ragazza il cui padre ha un locale jazz ad Harlem.
Intanto il nuovo Sindaco (Peter Lewis) sta dando le deleghe agli assessori e il potentissimo costruttore Moses Randolph (Baldwin) lo costringe a concedergli – insieme ad altri incarichi di peso – anche quella dell’Urbanistica. Lionel rintraccia Gabby Horowitz (Cherry Jones): è la leader di un centro che combatte contro le ingiustizie abitative e la segue quando, accompagnata da Laura Rose (Mbatha-Raw), va ad un assemblea di confronto con Randolph. Qui sottrae il tesserino di giornalista al reporter del “Post” Jacob Gleason (Nelson Avidon) e, fingendo di voler scrivere un articolo, accosta Paul (Dafoe), un contestatore male in arnese che gli scagnozzi di Moses avevano buttato fuori. Questi gli spiega che il costruttore, grazie al suo potere politico, scaccia i poveri – soprattutto i neri – dalle loro case per costruirvi lussuosi centri. Indagando, Lionel scopre che Paul è un ingegnere e che è il fratello di Moses e, infiltratosi in una cena di costruttori in onore dell’assessore, lo vede supplicarlo di prendere in considerazione un suo progetto.
Girando per Harlem vede Laura che entra in una casa apparentemente abbandonata; la segue e viene abbattuto dal pugno dell’occupante dell’appartamento (Yinka Adeboyeku); quando si riprende dice anche a Laura di essere un giornalista e che vuole scrivere sulla speculazione in atto. Lei gli crede e si fa accompagnare nel locale di suo padre Billy (Robert Wisdom): è lei la ragazza della quale parlava Frank. Nel locale suona un formidabile complesso jazz, guidato dal trombettista Wynton Marsalis (Michael K. Williams) e Laura, assediata da un corteggiatore (Luis De Castro Leon), lo invita a ballare con lei; poco dopo, però, sovreccitato dalla tensione erotica del contatto con lei, si stacca a va nel retro, dove Bill e il corteggiatore lo assalgono. Wynton lo raccoglie svenuto, lo porta a casa sua e, l’indomani mattina, gli spiega che Bill era un ottimo trombonista che, tornato dalla guerra senza un braccio, aveva aperto il locale e si era dedicato con grande dedizione a Laura, sempre mostrando la cupezza di chi ha un grave segreto nell’anima.
Poco dopo lui va da Laura e passa la notte con lei, raccontandole l’indomani mattina la verità sulla sua indagine. Poco dopo anche Billy viene ucciso e lui, che ha trovato in una cassetta di sicurezza (la cui chiave Frank aveva nascosto nel cappello), un documento che rileva le vere origini della ragazza, corre al locale perché capisce che lei è in grave pericolo….
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